Arabia Saudita: Molti soldi, pochi diritti


“Sportswashing”, ripulirsi la reputazione ospitando importanti eventi sportivi che attraggono una grande attenzione mediatica. E’ ciò che fa l’Arabia per distogliere l’attenzione dagli orrendi crimini che continua a commettere

La petromonarchia araba sta spendendo miliardi di dollari per comprare pezzi importanti dello sport mondiale. Soprattutto nel golf professionistico e nel mondo del calcio si stanno acquistando alcuni fra i migliori giocatori in assoluto.

L’Arabia Saudita intende organizzare grandi eventi di intrattenimento, per migliorare la sua immagine nel panorama internazionale, ma anche per distogliere l’attenzione dagli orrendi crimini che purtroppo continua a commettere quotidianamente.

Un rapporto dell’Onu del 19 settembre 2019 ha addirittura evidenziato come Mohammad Bin Salman, principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita, sia da ritenersi il mandante dell’uccisione del giornalista Khashoggi, letteralmente fatto a pezzi e arrostito sulla griglia del barbecue del consolato del regno a Istanbul.

In un contesto così grave, dal punto di vista delle violazioni dei diritti umani, Ryad dovrebbe essere sottoposta ad un isolamento internazionale e invece il regno wahabita riesce ad essere protagonista della politica e dell’economia mondiale, grazie agli enormi introiti petroliferi.

L’Arabia al G-20 in India

L’Arabia ha pure partecipato all’incontro del G-20 in India, sedendosi al tavolo degli stati potenti della terra con pari dignità. Il Paese arabo, peraltro è coinvolto nella guerra dello Yemen, dove, secondo l’ONU, si sta consumando da anni una delle più gravi crisi umanitarie del mondo.

La fase di stasi del conflitto in Yemen ha consentito al governo di Giorgia Meloni di poter rimuovere la moratoria momentanea sulla fornitura di bombe aeree all’Arabia Saudita, allo scopo di favorire, in tutti i modi possibili, l’industria militare italiana. La monarchia araba, infatti, risulta essere in base ai dati SIPRI, il secondo acquirente mondiale di armi, con circa il dieci per cento del totale, in gran parte prodotto negli Stati Uniti, garantendo soldi e prosperità a tanti lavoratori nordamericani.

Andrebbe posta sicuramente la questione della riconversione dalla produzione militare in quella civile, per esempio nell’energia sostenibile assolutamente necessaria, per contrastare il cambiamento climatico.

Forum Italia-Arabia Saudita

Nonostante la divulgazione di questi orrendi crimini, per incrementare le relazioni economiche fra Roma e Riyad, il governo meloniano ha organizzato addirittura il primo Forum Italia-Arabia Saudita, con la partecipazione di ben 1.200 aziende, praticamente il meglio del “made in Italy”, fra cui Leonardo, società leader del settore della difesa.

L’evento si è aperto con un Memorandum of Understanding sugli investimenti, firmato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e dal ministro degli Investimenti del Regno dell’Arabia Saudita, Khalid Al-Falih.

Anche l’ex premier Matteo Renzi nel 2021 disse che in Arabia Saudita c’erano le condizioni per un nuovo Rinascimento, ricevendo però tantissime critiche politiche. Renzi parlava come consulente del Future Investment Initiative Institute, una fondazione saudita, creata nel 2020 da re Salman bin Abd al-Aziz Al Saud, detta la “Davos del deserto”.

La fondazione è guidata da Mohammad bin Salman, presidente del Fondo investimenti pubblici (Pif) e del Consiglio affari economici e sviluppo, ma soprattutto figlio del principe ereditario, autore pure di un piano di diversificazione dell’economia dal petrolio, denominato Vision 2030. Dopo due anni, Il Pif ha acquisito il Newcastle, affiancandosi al Manchester City emiratino e al Psg qatariota.

Mondiali di calcio in Arabia

Cristiano Ronaldo è diventato ambasciatore del calcio in Arabia, il campionato locale fa incetta di talenti e quattro squadre appartengono al Pif. Roberto Mancini ha lasciato la nazionale italiana azzurra, per indossare quella araba verde con la scimitarra, il colore della sunna e dei petrodollari.

L’obiettivo è organizzare i Mondiali entro il 2034, perché il calcio, come peraltro la F1 col circuito di Gedda inaugurato nel 2021 e lo sci con i giochi invernali asiatici nel deserto già previsti in Arabia nel 2029, è soprattutto uno strumento di geopolitica.

Del resto Vision 2030 non è solo sport, ma anche turismo, energia, settore immobiliare. Bin Salman ha presentato il piano Neom, una crasi delle parole neos, nuovo in greco, e mustaqbal, futuro in arabo.

Il piano riguarda la realizzazione di città cognitive, ad intelligenza artificiale e big data, per interagire con l’abitato, e tra queste ci sarà The Line, la prima città senz’auto, lunga 170 km e alta 500 metri, a emissioni zero e tutti i servizi entro i 15 minuti a piedi.

Un’altra questione è il nucleare, e dopo aver annunciato un piano per costruire 16 reattori entro il 2040, l’Arabia ha dichiarato di voler estrarre uranio dalle sue grandi riserve, per arricchirlo e produrre energia, e anche desalinizzare le acque. Vision 2030 prevede pure un patto arabo con la Cina, mettendo così in difficoltà l’Europa e soprattutto il suo alleato storico più potente, gli Stati Uniti.

Tutti questi progetti tendono a distrarre l’opinione pubblica internazionale dai crimini di stato commessi sulla popolazione, che continuano ad essere una triste realtà in Arabia Saudita e non pensare soprattutto ai diritti delle donne e delle persone LGBT nel regno.

Sportswashing, ripulirsi la reputazione ospitando eventi sportivi

Si ignora sistematicamente pure l’uccisione di centinaia di migranti lungo il confine con lo Yemen. Nel contempo l’Arabia ospita la Supercoppa, l’Inter dei cinesi, la Lazio di Lotito, la Fiorentina dell’americano Commisso, il Napoli di Delaurentiis, il Real Madrid e il Barcellona costruite su un sistema di azionariato popolare, ed è ormai diventato da un paio d’anni il Paese di Cristiano Ronaldo e Neymar, non più della repressione e della sistematica violazione dei diritti umani.

Insomma viene messo in atto quello che, con un termine anglosassone, si definisce lo “sportswashing”, vale a dire il ripulirsi la reputazione, ospitando gli eventi sportivi, che attraggono una grande attenzione mediatica.

L’Arabia Saudita lo sta già facendo e intende intensificare queste operazioni nel prossimo decennio. Infatti il paese della petromonarchia ha appena ospitato la Supercoppa spagnola di calcio, nonostante gli avvertimenti da parte di una delle squadre partecipanti ai suoi tifosi, in particolare quelli LGBT, e sta facendo lo stesso con la Supercoppa italiana. Ma queste competizioni sono solo due tra i numerosi eventi, sportivi e non, che l’Arabia Saudita ospita nell’ambito di “Vision 2030”, il sopracitato programma multimiliardario sostenuto dal principe ereditario Mohammed Bin Salman, che mira a due obiettivi fondamentali, diversificare l’economia e ripulire l’immagine del Paese.

A People’s Vision for Reform in Saudi Arabia

Nella primavera dello scorso anno tanti difensori dei diritti umani, attivisti ed intellettuali sauditi hanno presentato un documento, intitolato “A People’s Vision for Reform in Saudi Arabia”, articolando una serie di principi e riforme che dovrebbero essere alla base di un’Arabia Saudita, che rispetti finalmente i diritti umani. Le loro richieste includono il rilascio di tutti i prigionieri politici, il rispetto dei diritti alla libertà di espressione e di associazione, la protezione dei diritti delle donne, dei migranti e delle minoranze religiose, l’abolizione della tortura e della pena di morte, la riforma della giustizia, e la ridistribuzione della ricchezza nel Paese.

Ma invece di rispettare le proprie obbligazioni sui diritti umani, ed iniziare un dialogo con la società civile, le autorità saudite continuano a reprimere ogni forma di dissenso e preferiscono limitare gli investimenti alla formulazione massiccia di campagne ed eventi, per ripulire la propria reputazione.

Così dopo essersi aggiudicati EXPO 2030, peraltro battendo nettamente la Corea del Sud e proprio l’Italia, e i Giochi Asiatici del 2034, il governo saudita potrebbe presto aggiudicarsi anche il diritto di ospitare la coppa del mondo di calcio maschile del 2034, e nonostante la pesante discriminazione nei confronti delle donne ancora presente nel Paese anche l’edizione femminile dell’anno successivo, il 2035, del mondiale di calcio.

E l’Europa si presta al gioco

Mentre l’Arabia Saudita non nasconde le sue ambizioni di crescere tantissimo in ambito calcistico, in Italia, come in buona parte dell’Europa lo sport più popolare continua ad essere invece sommerso dai debiti, rischiando di farsi burattino ben pagato della macchina di propaganda saudita. In questo modo si rafforza anche la percezione da parte del governo saudita, che la propria reputazione internazionale non sia minacciata dagli abusi sui diritti umani, crescendo di conseguenza nella convinzione di poter continuare ad investire in eventi, che distolgano l’attenzione dalla loro sistematica violazione.

E l’Europa si presta al gioco, pensando solo a recuperare soldi e dimenticando sempre più spesso i valori sportivi del calcio, che invece sta diventando sempre di più pericolosamente simile alla pura e semplice messa in scena di uno spettacolo, sul modello del wrestling americano.

 

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