Il vice presidente del Senato Roberto Calderoli protesta per il boicottaggio mediatico sui referendum del 12 giugno e sceglie le stesse modalità del compianto leader dei radicali, Marco Pannella, ossia il bavaglio e lo sciopero della fame. Calderoli imita Pannella anche nella ricerca di slogan ad effetto e per i referendum sceglie “Abbiamo tanta fame di giustizia“, e lo declama dopo essersi strappato il nastro adesivo, che aveva appiccicato sulla bocca, per creare un effetto comunicativo più forte del silenzio imposto dai media.
Pannella digiunava senza mangiare nulla di solido, prendendo solo cappuccini, ma Calderoli non può prendere nemmeno quelli, perché ha problemi con il latte e così manderà giù solo caffè, sempre che riesca a sostenerli a stomaco vuoto, altrimenti neanche quelli, per lo scopo nobile che si è messo in testa di perseguire con un altro vecchio slogan efficace, “Pance vuote, urne piene”.
Calderoli protesta per il boicottaggio mediatico sui referendum del 12 giugno
Secondo Calderoli la scarsa attenzione mediatica su questi referendum sulla giustizia supera quella riservata a tutti gli altri nella storia della Repubblica italiana, che il 2 giugno finalmente è tornata a celebrare la sua festa con il ritorno della parata dopo due anni di assenza per la pandemia da covid 19.
La lega e i radicali hanno diffuso i pesanti dati, che evidenziano la grave assenza degli argomenti dei quesiti referendari da TV e giornali, e a questo punto per raggiungere il quorum previsto dalla nostra Costituzione della maggioranza del 50 per cento più uno, bisogna compiere un mezzo miracolo. La soluzione per raggiungere il quorum previsto per i referendum abrogativi è per Calderoli proprio nel suo appello agli elettori convinti, quelli che hanno già deciso di recarsi alle urne, di “adottare” tra i loro familiari ed amici un’astensionista e di portarlo al voto, accompagnandolo fisicamente al seggio domenica 12 giugno.
Secondo Calderoli che, cita anche il richiamo dell’Agcom, non è stata rispettata la legge, che regola gli spazi concessi ai promotori dei quesiti referendari soprattutto nei talk show televisivi di prima serata, nei quali invece sono state udite solo voci contrarie. Calderoli cita i casi del procuratore Gratteri e dell’intrattenitrice comica Luciana Littizzetto, che anche se ha preso in giro i promotori dei quesiti, ha avuto comunque il merito di sollevare l’argomento in una trasmissione importante, illustrando la sua posizione di andare a votare sempre e comunque, anche quando si affrontano materie particolarmente tecniche e complesse, come quelle sulle norme regolanti la vita della magistratura e i meccanismi della giustizia.
Regola n.1: Scoraggiare la partecipazione degli elettori
Secondo il vice presidente vicario del Senato si è fatto di tutto per scoraggiare la partecipazione degli elettori, nonostante l’introduzione dell’election day il 12 giugno, perché la data è troppo avanzata con le scuole pressoché concluse e soprattutto c’è stata la pesante bocciatura, da parte della Corte Costituzionale presediuta da Giuliano Amato, dei quesiti che potevano trascinatore la gente alle urne, vale a dire quelli sulla responsabilità civile dei magistrati, sulle droghe leggere e sul fine vita. Poi, a giudizio di Calderoli, c’è il dato sconvolgente del cambiamento antropologico in alcuni partiti della sinistra, che storicamente erano sempre stati fautori della partecipazione, ma che ora preferiscono che la gente non sappia che si vota.
Una volta invece i veri leader della sinistra, come Bettino Craxi, non erano ipocriti e avevano almeno il coraggio di invitare apertamente a disertare le urne, preferendo il mare, come nel caso del referendum del 1991 sulla preferenza unica, dal quale comincio’ la deriva delle legge elettorali, ritenute poi quasi tutte incostituzionali dalla Corte Costituzionale.
Il paradosso di queste vicende è che per la stessa Corte sono incostituzionali anche il Rosatellum nelle varie versioni, e lo stesso Porcellum, voluto peraltro fortemente dallo stesso Calderoli, che però poi fu definito proprio da lui come appunto una “porcata”, fatta apposta dai partiti maggiori in Parlamento, per fregare i cittadini elettori.
Insomma dai quesiti referendari alle legge elettorali non cambia la sostanza della problematica democratica del nostro paese, che da anni purtroppo tende sempre più ad esautorare le scelte dei cittadini elettori nella varie espressioni della vita politica della Repubblica italiana.