Caos Green Pass, il Governo valuta già “un passo indietro” per alcune categorie di lavoratori essenziali

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Tanto tuonò che piovve: il Governo Draghi, come vi abbiamo già raccontato stamane, ha ufficialmente “completato” l’opera di regolamentazione per l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro, una misura arrivata dopo un dibattito che ha permeato praticamente ogni strato e livello della società italiana, dai toni a dir poco conflittuali e con conseguenze, e basta riportare alla memoria il recentissimo attacco alle sedi di una delle principali sigle sindacali italiane, anche spiacevoli.

Due i DPCM arrivati nelle scorse ore a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, con i quali si sono introdotte delle vere e proprie linee guida dirette sia al personale della Pubblica Amministrazione, il cui rientro “in presenza” sui luoghi di lavoro è ormai stato stabilito, e sia per il mondo del lavoro privato, tramite la chiarificazione delle modalità con cui verificare il possesso, in capo ai lavoratori stessi, della certificazione di avvenuta vaccinazione, guarigione o di tampone effettuato.

La finalizzazione dei Decreti è arrivata, stando ad alcune dichiarazioni di fonti del Ministero, in ritardo rispetto a quanto originariamente pianificato. La ragione sarebbe da ricercarsi nella necessità, da parte del Governo, di confrontarsi e con le sigle di rappresentanza sindacale e con gli organismi di “consulenza tecnico – giuridica. Le modalità di verifica del Green Pass, infatti, dovranno rispettare alcuni standard di qualità, riservatezza, raffinatezza tecnica ed adeguatezza che andavano concordati con i principali “players” del settore, non in ultimo con l’Autorità Garante della Privacy, il cui parere di adeguatezza, relativo ai principali “tools”, i softwares applicativi per la scansione dei codici QR, era un passaggio a dir poco essenziale per poter mettere un punto alla vicenda.

E tuttavia, a poche ore dall’apposizione della proverbiale ciliegina su questa simbolica torta, già iniziano a rivelarsi le prime crepe nella strategia adottata dal Governo Draghi per assicurare una copertura vaccinale quanto più pervasiva e totalizzante è possibile, senza tuttavia imporre l’obbligo di vaccinarsi alla popolazione dello Stivale. Secondo le stime fornite dagli analisti, al momento ci sono oltre tre milioni di lavoratori che non si sono ancora sottoposti a vaccinazione, con il Veneto, che da solo conta più di 600.000 unità, a guidare questa particolare classifica.

Le maggiori preoccupazioni da parte del Governo sono rivolte agli ormai celebri settori produttivi “essenziali”, e specificamente è allo studio uno scenario per evitare che si arrivi al blocco delle attività portuali, settore che registra una percentuale particolarmente alta di lavoratori ancora non vaccinatisi.

Secondo fonti del Ministero dell’Interno, il rischio che l’applicazione pedissequa della neo-varata normativa sull’obbligo di Green Pass per i lavoratori possa arrivare a compromettere e addirittura a paralizzare l’operatività dei porti esiste, ed è tutt’altro che una mera ipotesi. Nello specifico, si temono nuovi scioperi da parte dei lavoratori portuali, circostanza che provocherebbe una mazzata non da poco all’intero settore logistica del Belpaese, con conseguenze nefaste sull’intera filiera del retail, dell’agroalimentare, dei trasporti, insomma sull’intera economia italiana.

Tali timori sono stati sintetizzati in una circolare, firmata dal Capo di Gabinetto del Viminale, Bruno Frattasi, in cui si inizia già a valutare un parziale “passo indietro”: per evitare, infatti, malcontenti all’interno del mondo del lavoro portuale si fa avanti l’ipotesi di mettere a disposizione tamponi gratuiti per gli appartenenti a tale categoria, “concessione” che, già si specula, verrà probabilmente proposta alle sigle sindacali ed alle associazioni di lavoratori di molti altri comparti.

Le prime risposte a tale idea sono già arrivate, e definirle fredde sarebbe alquanto riduttivo: le principali sigle sindacali di lavoratori portuali, capeggiate dal comparto territoriale di Trieste, si sono infatti dette fortemente contrarie a tale proposta, che comporterebbe, a loro dire, un disagio sproporzionato per tutti i lavoratori che ritengono di non volersi vaccinare.

Proprio a Trieste, uno dei principali scali portuali d’Italia, si registra al momento la situazione più tesa, con i lavoratori che hanno addirittura trovato l’appoggio dell’Autorità Portuale del Mare Adriatico Orientale, il cui Presidente ha minacciato di dimettersi nel caso in cui non dovesse arrivare un accordo con i lavoratori del luogo, i quali, dal canto loro, hanno minacciato di scioperare in massa a partire dal 15 ottobre, giorno in cui dovrebbe entrare in vigore l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro.

La breccia aperta dai portuali viene attaccata anche dai lavoratori di differenti comparti: simili rivendicazioni sono state infatti portate avanti dai rappresentanti dei lavoratori del trasporto pubblico, del settore logistica, del settore spedizioni, del settore grande distribuzione organizzata e del retail: dalla scintilla di Trieste, insomma, potrebbe partire un vero e proprio incendio, in grado di far saltare il banco e di costringere il Governo Draghi ad imbastire, ed in tempi a dir poco da record, una strategia alternativa.

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