Arabia Saudita cercasi boia, per eseguire condanne a morte


Cercasi funzionario religioso. Mansioni principali, eseguire condanne a morte”.

Sembrerebbe un titolo ironico eppure nulla di tutto ciò. Ancora una volta la realtà supera la fantasia. Apparso pochi giorno fa sul sito del Ministero della Pubblica amministrazione di Riad questo annuncio in cui si cercano otto boia.

Si, perché nel Paese identificato come moderato del Medio Oriente ed alleato dell’Occidente, il numero di condanne a morte è talmente in crescita ( 88 nel 2014, già a 85 nel 2015) che i funzionari si sono visti costretti a pubblicare un annuncio simile. I candidati non dovranno avere particolari requisiti o titoli, se non quello di essere abili nell’ uso della sciabola e mano ferma per amputare arti o parti del corpo.

Le condanne sono in crescita, basti pensare che a queste se ne aggiungono altre otto già  programmate. Non è difficile intuire che il 2015 probabilmente si chiuderà con una cifra a tre numeri. Questo è dovuto anche al fatto che è stato esteso il limite applicabile ai reati con pena di morte: oltre all’ omicidio, infatti, è stato incluso anche lo stupro, il traffico di droga o di armi. Le sentenze, decise da un tribunale, prevedono la decapitazione con la spada e ciò spesso avviene in piazze pubbliche.

Questa “monarchia moderata” è nelle posizione più alte della classifica mondiale in cui è ancora attiva la sentenza capitale, suo il terzo posto dopo Cina e Iran e prima di Iraq e Stati Uniti ( fonte Amnesty International).

La maggior parte dei condannati del regno wahabita ( da Wahhabismo, movimento di riforma religiosa sviluppatosi nella comunità islamica sunnita, la maggioranza dei wahhabiti si trova in Quatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita) è saudita; seguono persone provenienti dal Pakistan, Siria, Giordania, Yemen, Birmania, Ciad, Filippine, Indonesia e Sudan. Questa stretta da parte del governo dicono sia doverosa in quanto deterrente per l’aumento di questi crimini. Eppure dati alla mano tali reati sono già in aumento (fonte Human Rights Watch).

Certo è che l’ascesa al potere di Re Salman è direttamente proporzionale all’ aumentare delle esecuzioni. Complice anche l’aumento dei giudici di ruolo che stanno “smaltendo lavoro arretrato”. Mentre per altri Stati in cui vige la pena di morte si leva un coro internazionale di condanna, per questo Paese facoltoso e cardine nella politica Medio Orientale, del Golfo e Internazionale, nulla avviene. Cosa nota è il peso che l’Arabia Saudita ha insieme ad altri Stati  nell’ accrescere indirettamente  il radicalismo sunnita e lo jihadismo. Tutto normale se avviene in uno Stato come questo, deprecabile e condannabile se avviene altrove.

  Fonte foto Axe execution equipment via photopin (license)
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