Claudio Barbaro: «da Cannabis light a droga, è ora di fermare la scellerata liberalizzazione»

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Claudio Barbaro (Lega): «da Cannabis light a droga, è ora di fermare la scellerata liberalizzazione»

ROMA – È di questa mattina la notizia della pubblicazione dei risultati di una ricerca indipendente svolta dagli Istituti di Medicina Legale delle Università di Ferrara, Parma e Verona che mostra come sia possibile estrarre, con metodi artigianali ed alla portata di tutti, dalla cosiddetta «cannabis light» il THC producendo una miscela che piò raggiungere la concentrazione al 98% di principio attivo, andando ben oltre le intenzioni, di legge, di ammettere la coltivazione di canapa con concentrazione di THC inferiore allo 0,6%.

«Quanto pubblicato stamattina è la prova materiale a favore dei dubbi elevati dalla Lega e da me presentati con una interrogazione al Senato lo scorso 7 agosto ai Ministri della Salute e delle Politiche Agricole – commenta il sen. Claudio Barbaro, gruppo Lega – e che punta il dito contro la scellerata liberalizzazione della cannabis attuata dal Governo Renzi.

«Sia il Consiglio Superiore della Sanità che l’Agenzia Italiana del Farmaco hanno espresso gravi considerazioni verso il libero uso e la libera vendita di prodotti contenenti una, seppur minima, concentrazione di THC sottolineando l’impossibilità di controllo della frequenza d’uso e delle condizioni di salute dei consumatori, due fattori dai quali non si può prescindere e che rendono pericolosi anche prodotti con concentrazioni massime al di sotto del punto percentuale, come ammesso dalla Legge. Una Legge – la 242 del 2 dicembre 2016 – che non ammette in alcun modo la vendita del prodotto, ammessa, però, attraverso una opinabile interpretazione del testo che ha aperto la strada a quasi 1.000 negozi che hanno generato un giro d’affari stimato da Coldiretti in 44 milioni di euro.
«La questione “cannabis light” non è mai stata presa alla leggera, le prove pubblicate questa mattina sono decisive per mettere un punto alla questione. Sarà un mio impegno personale, e del Governo, tornare sull’argomento per fare definitivamente chiarezza e salvaguardare la salute dei cittadini».

 

“Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00486
Atto n. 4-00486
Pubblicato il 7 agosto 2018, nella seduta n. 33
BARBAROAi Ministri della salute e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. –
Premesso che: in tutta Italia, nel giro di un anno, sono stati aperti quasi 1.000 negozi, che hanno prodotto un giro d’affari milionario, stimato da Coldiretti in 44 milioni di euro, tra rivenditori e produttori, che coinvolge anche il costume dei fruitori nel vivere quotidiano, che possono liberamente acquistare le infiorescenze di canapa a basso contenuto di THC, denominata “cannabis light”; tuttavia, la modalità legislativa, ad opera del Governo pro tempore Gentiloni, che avrebbe introdotto tale possibilità commerciale lascia perplessi;

il decreto del Presidente della Repubblica (Jervolino-Vassalli) n. 309 del 1990, recante “Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, “stabilisce infatti che l’uso della cannabis è illegale, ma l’uso esclusivamente personale viene depenalizzato, e punito con sanzioni amministrative, mentre è legale sotto prescrizione, l’uso medico della cannabis con il limite dello 0,6 per cento di THC; con la legge di conversione (Fini-Giovanardi) n. 49 del 2006, vi è stato l’inasprimento delle sanzioni, relative alla produzione, anche per la coltivazione personale, traffico, detenzione illecita ed uso di sostanze stupefacenti, con la contestuale abolizione delle distinzioni tra droghe leggere, quali la cannabis pura, ossia di origine completamente naturale e senza aggiunte di altre sostanze, e droghe pesanti, quali cocaina, eroina, ecstasy, LSD,

eccetera tuttavia tale legge è stata abrogata a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, con il ripristino delle precedente legge; nel 2014, il Governo pro tempore Renzi ha reintrodotto la differenza tra droghe pesanti e leggere, con pene più leggere, in particolare per i consumatori-possessori della cannabis, per i quali per l’acquisto e la detenzione per uso personale è prevista solo la sanzione amministrativa; in ambito europeo per la politica agricola comunitaria (PAC), viene emanato il regolamento delegato (UE) n. 2017/1155, con cui viene ammessa la produzione della canapa a condizione che, per la coltivazione vengano utilizzati solamente i sementi indicati nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, pubblicate dalla direttiva n. 2002/53/CEE del Consiglio, e che il “tetraidrocannabinolo delle varietà coltivate non supera lo 0,2 per cento”, come stabilito dall’art.32/6 del regolamento (UE) n. 1307/2013.

L’Europa considera, quindi, la coltivazione delle piante di cannabis, a condizione che il principio attivo non superi lo 0,2 per cento, ma non ne prevede la vendita al minuto; in Italia, con la ratifica della norma comunitaria avvenuta con legge 2 dicembre 2016 n. 242, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” si dispone che per la coltivazione delle varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2 per cento, non è più necessaria alcuna autorizzazione, mentre non è assolutamente prevista la vendita. La legge italiana aumenta, tuttavia, contrariamente al regolamento (UE) n. 1307/2013, il limite massimo del principio attivo THC dallo 0,2 per cento allo 0,6 per cento. Si badi, comunque, che è il coltivatore che deve osservare la legge n. 242 del 2016, detenendo piante di canapa, con un contenuto di THC superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, senza nulla disporre in merito alla destinazione d’uso delle stesse; il Consiglio superiore della sanità, su richiesta di un parere del Ministero della salute, afferma che:

“Non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa” si legge nel parere del che per questo “raccomanda che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita”. In definitiva il Consiglio superiore della sanità non esclude la pericolosità della cannabis light perché “la biodisponibilità di THC anche a basse concentrazioni (0,2-0,6 per cento) non è trascurabile”, ponendo l’accento sulla circostanza che “il consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che possa produrre”. Ancora, il Consiglio superiore della sanità precisa che “non appare che sia stato valutato il rischio connesso al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni (età, presenza di patologie concomitanti, stato di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, eccetera.) così da evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per sé stessi o per altri (feto, guida in stato di alterazione)”; la Coldiretti afferma:

“Al momento risulta consentita solo la coltivazione delle varietà ammesse, l’uso industriale della biomassa, nonché la produzione per scopo ornamentale, mentre per la destinazione alimentare possono essere commercializzati esclusivamente i semi in quanto privi del principio psicotropo (Thc). Resta il divieto di utilizzo di foglie e fiori di canapa per scopo alimentare” per cui si è in attesa di un decreto del Ministero della salute”;

si tenga presente che la legge non prevede la possibilità della combustione; il Ministero delle politiche agricole ha, infatti, chiarito che la legge non prevede la possibilità della combustione, in quanto ha solo finalità agricole; l’Agenza italiana del farmaco, precisa che la cannabis light può essere considerata un medicamento, quindi un farmaco, sotto controllo medico che non può e non deve essere venduto privatamente, infatti, per l’aspetto sanitario, a tutela della salute del cittadino esistono i presidi preposti e l’ausilio medico, farmacie comprese; la legge n. 242 del 2016, giova ribadirlo, non prevede la vendita, tuttavia, con ben due circolari ministeriali, è stata permessa l’apertura dei punti vendita, focalizzando l’attenzione alle infiorescenze della canapa che come coltivazioni destinate al florovivaismo, possono essere vendute, purché tali prodotti derivino da una delle varietà ammesse, di cui al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ed a condizione che non superi il livello di THC stabilito dalla normativa e sempre che il prodotto non contenga sostanze dichiarate dannose per la salute dalle istituzioni competenti;

da un comunicato ANSA del 25 luglio 2018 si apprende che il Ministero delle politiche agricole propone un Tavolo di filiera con la presenza degli altri Ministeri coinvolti, delle organizzazioni dei produttori agricoli e con il mondo della ricerca, per affrontare il tema, confermando che la legge regola solo la parte agricola e non quella commerciale; a giudizio dell’interrogante occorrerebbe che da parte del Governo vi fosse una espressione di chiarezza su questo argomento, sussistendo forti e motivati sospetti afferenti alla illiceità delle attività commerciali, che liberamente vendono al dettaglio prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, e la susseguente illegalità relativa alla finalità di consumo privato per combustione di tali prodotti, si chiede di conoscere: se i negozi abilitati alla vendita della cosiddetta cannabis light svolgano la loro attività commerciale entro definiti perimetri di legalità, ovvero siano stati aperti esclusivamente attraverso una interpretazione, che l’interrogante ritiene opinabile, della legge n. 242 del 2016; se i Ministri in indirizzo intendano intervenire su questa vicenda con un atto normativo, nell’ambito delle loro competenze, che faccia definitivamente chiarezza sul fenomeno della vendita di prodotti a base di canapa; laddove non ritengano conforme a diritto imperativo e cogente la vendita per il consumo umano di prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, come intendano intervenire per interromperne la pratica.”

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