La Grecia sta giocando una partita molto importante in un momento di massima crisi. I nervi sono tesi nel paese e in Europa, i massimi dirigenti ellenici sembrano giocatori seduti ad un tavolo al momento decisivo. Dentro o fuori. Default o salvezza.
Crisi Grecia. Negli ultimi giorni al Fondo Monetario Internazionale, alla BCE ed al parlamento greco si sta affrontando una delle più pericolose, ed anche per questo affascinanti, partite a scacchi degli ultimi anni: la Grecia con il suo enorme debito (più del 175% del pil) e la sua esigua liquidità, contro le istituzioni mondiali ed europee, che più volte le hanno fornito aiuti finanziari per non fare uscire il Partenone, il Pireo e tutto il resto dei greci fuori dai mercati, dalla moneta unica e quindi, secondo noi, fuori del novero dei paesi occidentali.
Da un lato, dunque, vi è il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, che ha dichiarato che la liquidità nelle casse dello stato greco è quasi finita e che si sta attingendo alle riserve delle principali aziende pubbliche ed ai fondi pensione dei lavoratori per pagare gli stipendi degli stessi lavoratori pubblici, e che probabilmente non riuscirà ad onorare la prossima rata di 950 milioni di euro da rimborsare al fondo monetario internazionale il 12 maggio, con le conseguenze di cui sopra.
Dall’altro lato Christine Lagarde, direttrice dell’FMI, che ha dichiarato l’impossibilità da parte dell’istituto sovranazionale di dare una dilazione di pagamento (“questa cosa non è mai avvenuta nella storia per nessun paese occidentale”, ha dichiarato la Lagarde).
Le riforme presentate dalla Grecia per ricevere nuovi aiuti dalla Troika (BCE, Commissione Europea e FMI), ad avviso di chi scrive, sono inconcludenti (lotta all’evasione come principale copertura finanziaria -classicamente ritenuta ballerina e volatile anche dalla commissione europea-) controproducenti (aumentare il salario minimo dei greci quando nel pubblico non vi è liquidità nemmeno per pagare gli stipendi attuali pare un controsenso) ed in certi casi ridicoli (munire cittadini di telecamere per scovare evasori o frodatori pare una mossa fantozziana più che di politica economica). Sono una provocazione, una sfida, perché nessuno finanzierà il debito ellenico di fronte a queste vaghe promesse.
La partita greca è, in sostanza, la rischiosa strategia di spaventare tutti con il proprio default e le sue probabili conseguenze (la bancarotta della Grecia potrebbe far sprofondare all’inferno anche parte dell’Unione Europea attraverso il panico sui mercati).
Ciò prova che le politiche economiche del governo ellenico non siano autodistruttive, come molti pensano, ma omicide: la minaccia del proprio suicidio è in realtà terrorismo finanziario con il portafoglio di tutti noi; non quello dei tedeschi o degli scandinavi, come tanti politicanti e comuni cittadini pensano, al riparo dalle folate degli attacchi speculativi perché solidi ed economicamente floridi, ma soprattutto dei compagni di sventura (economica) come portoghesi ed irlandesi, e perché no, anche spagnoli ed italiani, che molto hanno patito per la crisi e che sembravano ormai fuori pericolo.
Resta da chiedersi se si possa permettere una cosa del genere; magari sarebbe il caso di tornare a più miti consigli, sia per TSipras che per il Fondo Monetario e la BCE , che potrebbero, ad esempio, concedere non dilazioni, non prestiti, ma la possibilità al governo di gestire in maniera più ordinata la crisi di liquidità che nelle prossime settimane potrebbe bruciare decine miliardi di euro a tutti i cittadini europei, in particolare quelli del sud dell’Europa.
Staremo a vedere, pronti a ritirare i nostri risparmi prima che il peggio accada.