“Temo di essere stata avvelenata“
È quanto asserito fino alla fine dei suoi giorni da Imane Fadil, la modella marocchina di 34 anni, testimone chiave nell’inchiesta sul caso Ruby.
Dopo un mese di agonia, Imane Fadil è deceduta presso l’Humanitas di Rozzano (Milano), dove era stata ricoverata prima in terapia intensiva e poi in rianimazione.
Sulla sua morte, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio volontario.
Sono, infatti, stati riscontrati sintomi di avvelenamento come riportato dalla cartella clinica posta sotto sequestro: si parla di forti dolori al ventre, gonfiori e «cedimento progressivo degli organi».
Dopo un mese di sofferenze, la modella è entrata in coma e non si è più risvegliata.
Disposta l’autopsia e sequestrati oggetti personali, documenti ed anche le bozze di un libro che la ragazza stava scrivendo.
Doppio Giallo
La morte della ragazza va aggiungersi al caso dell’ex legale di Ruby, Egidio Verzini, che dopo aver raccontato all’Ansa di 5 milioni di euro versati alla bella ‘Rubacuorì dal leader di FI, è ricorso il giorno dopo, il 5 dicembre, alla pratica del suicidio assistito in Svizzera.
Chi era Imane Fadil?
Nel 2011, Imane Fadil aveva poco più di 25 anni.
Per la prima volta veniva invitata ad una cena ad Arcore.
La modella, dopo quella prima volta, partecipò ad altre sette cene – poi, sconvolta per quanto accadde una sera, si recò in Procura per raccontare e denunciare tutto.
Da quel momento iniziò lo scandalo
Raccontò degli spogliarelli, dei palpeggiamenti e svelò nei dettagli in cosa consisteva il Bunga Bunga.
Le parole della modella portarono gli inquirenti ad indagare su Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti.
Furono loro, secondo la sua accusa, a indurla a partecipare alle cene ad Arcore.
Nel giugno 2012, al termine di una delle sue deposizioni nel “Ruby bis”, Imane Fadil, fuori dall’aula, rivelò ai cronisti di sentirsi “in pericolo”.
Sempre nel 2012 raccontò di un emissario siriano che per conto di Berlusconi aveva cercato di comprare il suo silenzio.
(Foto da YouTube)