Il fallimento di Netanyahu fa tornare Israele alle urne

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Il termine per formare una coalizione di governo era fissato per il 29 maggio, ma il primo ministro riconfermato, Benjamin Netanyahu, non è riuscito nell’intento e la Knesset (il parlamento) ha optato per lo scioglimento indicendo nuove elezioni. Il popolo israeliano tornerà alle urne il prossimo 17 settembre, due settimane prima dell’udienza preliminare in cui Netanyahu dovrà affrontare le accuse di corruzione e frode per un caso e di violazione della fiducia per altri due.

 

I contrasti e la mancata formazione di una coalizione di governo

All’origine della disputa che ha impedito di formare una coalizione ci sarebbero i contrasti tra il partito Yisrael beiteinu (Israele casa nostra), formazione di destra nazionalista, sionista e laica guidata da Avigdor Lieberman e la fazione chassidica del partito ultraortodosso Giudaismo unito nella Torah. Il pomo della discordia: la proposta di legge presentata da Lieberman che imporrebbe il servizio militare, obbligatorio per tutti gli israeliani, anche agli studenti delle scuole ebraiche che risultano ad oggi esentati per motivi religiosi. Lieberman aveva posto la questione come necessaria affinché potesse unirsi alla coalizione, ma gli ultraortodossi pretendevano una modifica. Nella difficile mediazione Netanyahu non è riuscito a placare gli animi e a trovare una soluzione entro la data stabilita dal Presidente Reuven Rivlin. In questi casi la legge israeliana prevede che il Presidente della Repubblica possa incaricare un altro parlamentare per provare a formare un’altra maggioranza a meno che non sia la stessa knesseta sciogliere la camera. Cosa che si è poi verificata.

 

La situazione delle ultime elezioni e gli equilibri di potere

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Con molta probabilità alle prossime elezioni del 17 settembre la maggior parte dei partiti si ripresenterà con le stesse liste del 9 aprile. Il Likud (il partito di Netanyahu), aveva ottenuto il 26,46% dei consensi e 35 seggi in parlamento. Il partito di centro Blu e Bianco di Benny Gantz e Yasir Lapid, il 26,13% e 35 seggi, mentre il Partito Laburista Israeliano il 4,43% dei voti ottenendo 6 seggi e perdendone 13 rispetto alla passata legislatura. Mentre il Likud ha già dichiarato che non procederà a elezioni primarie, il partito laburista attraversato da una profonda crisi procederà alla scelta di un nuovo leader. Il vero ago della bilancia è stato però rappresentato dei due partiti ultraortodossi Shas e Giudaismo unito nella Torah che hanno ottenuto rispettivamente il 5,99% e il 5,78% dei voti e un incremento rispetto alla passata legislatura dei seggi loro assegnati. Con 16 seggi in totale hanno aumentato considerevolmente il loro peso all’interno del blocco di destra.

Il partito Yisrael beitenu, composto per lo più da israeliani provenienti dalle aree dell’ex Unione Sovietica e quindi di tendenze laiche e favorevole alle politiche contro gli ortodossi ha visto, preponderanza degli ultraortodossi, una minaccia diretta per gli ebrei provenienti da quelle zone.

 

Nonostante Netanyahu abbia vinto quattro elezioni di fila, le recenti accuse nei suoi confronti ne hanno compromesso la status e la destra israeliana è caduta nel baratro di una profonda crisi di leadership da cui potrebbero trarre vantaggio le altre forze politiche.

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