Il risveglio dell’Algeria contro il “presidente fantasma”

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Dal 22 febbraio l’Algeria è scossa da una serie di proteste, che hanno visto centinaia di migliaia di manifestanti scendere in piazza in viarie città, per protestare contro la candidatura a un quinto mandato presidenziale di Abdelaziz Bouteflika, ottantunenne presidente, in carica dal 1999. La scelta di ricandidarlo alle elezioni del prossimo 18 aprile è stata sostenuta dai partiti di coalizione al potere, nonostante le cattive condizioni di salute che gli hanno praticamente impedito di apparire in pubblico.

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La figura di Abdelaziz Bouteflika

Nato nel 1937 a Oujda, in Marocco, da una famiglia originaria di Tlemcen (nord-ovest dell’Algeria), a 19 anni si arruolò come volontario nell’Esercito di liberazione nazionale, in lotta contro la Francia che aveva colonizzato tutta la regione. Dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1962 (Accordi di Évian), ottenne il suo primo incarico governativo: ministro dello Sport e del Turismo. L’anno successivo venne spostato nel campo diplomatico, a 26 anni divenne ministro degli Esteri, il più giovane al mondo. Nel 1965 decise poi di appoggiare il golpe ordito da Houari Boumédiène, il ministro della Difesa, che portò al rovesciamento dell’allora presidente Ahmed Ben Bella. Successivamente alla morte di Boumédiène, fu allontanato dalla vita politica del Paese fino ad essere costretto all’esilio. In seguito, sostenuto dall’esercito, riuscirà a tornare nel proprio paese e a vincere le elezioni dell’aprile 1999. Quello che ereditò era un paese dilaniato da molti anni di guerra civile, con oltre 200mila morti, causati tra gli altri dai guerriglieri islamisti.

 

Il presidente fantasma

Al potere dal 1999. Bouteflika, è il presidente algerino rimasto più a lungo in carica dopo l’indipendenza dalla Francia e, insieme a Bashar Assad in Siria, l’unico ancora al potere dopo le Primavere arabe del 2011. Il presidente non appare più in pubblico da molto tempo e, come avviene ormai da molti anni, si trova spesso in Francia per cure mediche: nel 2013 è stato infatti colpito da un ictus che lo esclude da ogni contatto con il pubblico. Si tratta quindi di un “presidente fantasma” non più in grado di apparire in pubblico e tantomeno di governare. E, mentre milioni di algerini manifestano per invitarlo a rinunciare ad un ulteriore mandato, Bouteflika ha inviato al consiglio costituzionale furgoni carichi di faldoni con le firme dei suoi sostenitori, nel vano tentativo di impressionare il popolo algerino, ormai stanco dello scadimento della democrazia nel paese. 

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Le alternative

Le alternative al potere di Bourteflika sembrano nulle, o quasi. Il potere risulta così paralizzato che non riesce a trovare una valida alternativa neppure tra i vecchi gerarchi del FLN (Fronte di Liberazione Nazionale) o tra i militari che dall’indipendenza hanno in mano le redini del potere. Ma nel frattempo alcune defezioni importanti sembrano costituire un duro colpo al regime. L’Organisation Nationale de Moudjahidine – i veterani della guerra d’indipendenza – e, quella degli anziani del Ministère de la guerre d’indépendance algérienne, gli avi dei servizi segreti, hanno preso le distanze dal regime e sostenuto le mobilitazioni contro il governo. Ma anche all’interno del partito del presidente, l’FLN, molte sono le defezioni di deputati, eletti locali (come i sindaci) ed ex ministri. I partiti dell’opposizione, privi di rappresentanza popolare, si sono aggiunti alla protesta, sostenendo quelle dei giorni passati. Un serio segnale di cambiamento da parte di quei partiti che per anni sono stati narcotizzati dal potere di un presidente che fin dalla sua ascesa aveva promesso privilegi per tutti e che pur di mantenere il comando si era convinto che gli bastasse mantenere tale corte. Con il risultato, delegittimante, di una depoliticizzazione del potere. Un assopimento che ha portato a un’unica autorità, con i politici dell’opposizione senza programmi e principi pur di far parte del potere dominante.

 

L’incubo terrorismo e il pericolo di interferenze straniere

I vertici di governo algerini sono molto preoccupati dalle proteste in atto, tant’è vero che molti sono i fantasmi evocati dal recente passato. Il riferimento fatto dal primo ministro Ahned Ouyahia al decennio ’90 e alla guerra civile che dilaniò l’Algeria non lascia dubbi. L’altro scenario evocato dal primo ministro è stato lo scenario siriano, con il timore di possibili interferenze straniere. Ma al momento anche tra i manifestanti, soprattutto donne e giovani, non sembrano esserci infiltrazioni islamiste rilevanti. Nonostante questo, l’unica risposta che il regime algerino è riuscito a dare dopo due settimane di proteste, è stata la chiusura anticipata di 12 giorni delle università per le vacanze di primavera. Con l’intento chiaro di spegnere la miccia della contestazione.

 

Il futuro dell’Algeria

Per il nostro paese l’Algeria non è una questione secondaria. Rappresenta infatti il secondo maggiore fornitore di gas dell’Italia dopo la Russia, e al paese africano ci lega inoltre la doppia pipeline del Transmed. Lo sfondo delle proteste algerine sono le primavere arabe e le loro rivendicazioni degagiste (neologismo legato agli eventi del 2011 che indica il “volersi liberare di persone o cose”) che hanno portato a esiti differenti. Quella di fronte a cui si trova l’Algeria è la possibilità di una svolta storica dopo quella del 1988, che aveva portato alla fine del partito unico, ma dalla quale aveva approfittato l’islamismo.

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