Iran, non si fermano le proteste per il caro-benzina

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Iran: Non si placano le proteste in Iran a seguito della decisione presa dal governo di centrale, risalente a venerdì intorno alla mezzanotte, di innalzare il prezzo del carburante. La Guida suprema del paese, Ali Khamenei, in un discorso in tv, ha detto di appoggiare l’innalzamento del prezzo del carburante e il suo razionamento definendo poi “banditi” coloro che hanno provocato gli incidenti più gravi durante le manifestazioni di piazza.

Iran – La decisione di innalzare il prezzo del carburante

L’origine degli scontri è dovuta alla decisione dei vertici delle tre istituzioni statali – giudiziaria, legislativa ed esecutiva – di togliere i sussidi statali sulla benzina e razionare il petrolio causando in questo modo un’impennata dei prezzi. Da venerdì notte ogni iraniano può acquistare fino a 60 litri di benzina al mese pagandoli circa 40 centesimi di euro al litro, mentre ogni litro extra acquistato costa 80 centesimi. Prima dell’entrata in vigore delle nuove misure i litri acquistabili al mese erano 250 e costavano intorno ai 25 centesimi, mentre quantità maggiori avevano un sovrapprezzo di 23 centesimi per litro. Nei piani del governo l’aumento del prezzo del carburante dovrebbe servire ad aumentare i sussidi statali riservati alle fasce più deboli e povere della popolazione. Il presidente Hassan Rohani ha ricordato come con l’introduzione di queste misure circa 60 milioni di persone, pari a 18 milioni di famiglie, riceveranno i sussidi.

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La goccia che ha fatto traboccare il vaso

Risulta del tutto evidente che un’impennata dei prezzi di questo genere avrebbe generato delle proteste violente. In un paese piagato da una situazione economica critica da oltre un anno e su cui pendono le sanzioni che Donald Trump ha deciso di reintrodurre, stracciando di fatto l’accordo sul nucleare del 2015 (il JCPOA) siglato dal suo predecessore Barack Obama, nonché i costi sostenuti derivanti dell’impegno in Siria e per piegare le rivolte in Iraq e la crisi degli Hezbollah in Libano, l’introduzione dei rincari ha rappresentato la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso. È assai probabile però che a livello sotterraneo la guida suprema abbia voluto mettere in difficoltà un esecutivo (guidato da un conservatore moderato come Hassan Rohani) che da tempo appare sotto il mirino dei pasdaran. Nonostante questo risulta evidente come il paese, a 40 anni dalla rivoluzione khomeinista, appaia ormai stanco e frustrato.

Lo stato delle proteste

Nonostante il presidente Rohani abbia affermato come il popolo iraniano sia riuscito di nuovo a “superare un esame storico in modo onorevole, dimostrando come non permetterà ai nemici di manipolare la situazione”, le proteste non sembrano placarsi. Dall’inizio di questa settimana internet è stato limitato alla maggior parte della popolazione e la mancanza di informazioni non fa luce sul numero delle vittime. Il governo in una nota ha parlato di 5 persone, ma probabilmente potrebbero essere decine. Non rassicura neanche la rassicurazione di vicinanza rivolta ai manifestanti da parte del Segretario di Stato americano Mike Pompeo: potrebbe essere considerato come un’ingerenza esterna da parte delle autorità e un elemento di destabilizzazione nella già intricata questione regionale.

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