La libertà di stampa in Italia


Con il maxiemendamento alla legge di bilancio, la libertà di stampa in Italia viene notevolmente colpita. Infatti i 59 milioni previsti per il “fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione” saranno progressivamente azzerati nei prossimi anni. Ma qual è lo stato di salute del giornalismo in Italia? L’articolo 21 della nostra Costituzione, che prevede il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e che afferma che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure (salvo alcuni casi) è sempre rispettato?

Secondo il rapporto 2018 di Reporters Sans Frontières il nostro Paese ha progredito di 6 punti rispetto allo scorso anno arrivando alla 46/a posizione su 180 Paesi esaminati. Nelle ultime posizioni troviamo Paesi a regimi autoritari come la Corea del Nord e l’Iran, mentre ai primi posti i campioni di democrazia come la Norvegia e i paesi scandinavi in generale.

La salute del giornalismo in Italia

Nelle motivazioni della nostra posizione figurano una decina di giornalisti sotto protezione per via delle minacce di morte da parte di mafia, gruppi anarchici e fondamentalisti. Per Rsf “il livello delle violenze contro i reporter è inquietante e non smette di aumentare soprattutto in alcune regioni come Calabria, Sicilia e Campania”. “Molti giornalisti” – continua il rapporto – “specialmente nella Capitale e nel sud del Paese sono costantemente minacciati dalla mafia. Inoltre molti altri giornalisti sono preoccupati per la recente vittoria del Movimento Cinque Stelle (M5S), che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro”. A causa di questo clima ostile “molti giornalisti optano per l’autocensura a causa della pressione esercitata dai politici”.

Il giornalismo nei Paesi con vittime nel mondo dell’informazione

Non se la passano comunque bene anche altri Paesi del mondo occidentale e in particolare dell’Ue. A ottobre di quest’anno la giornalista bulgara Victoria Marinova è stata trovata morta in un parco di Ruse, ultima vittima di una serie di giornalisti europei uccisi nel corso dell’anno. Stessa sorte era toccata al giornalista slovacco Jan Kuciak e prima ancora alla giornalista d’inchiesta maltese Daphne Caruana Galizia. Paesi che il rapporto annuale colloca rispettivamente al 111esimo posto, al 27esimo(dopo la morte del giornalista) e al 65esimo.

Sempre secondo la relazione, la peggiore nell’Unione Europa sarebbe proprio la Bulgaria. Il rapporto la definisce come “un Paese in cui essere giornalisti è pericoloso”, in particolare a causa “della diffusa collusione e corruzione tra il potere politico e gli oligarchi”. Mentre per quanto riguarda Malta, dopo l’uccisione di Caruana Galizia, il rapporto parla del diffuso uso della molestia giudiziaria, come esempio classico di cause strategiche contro la partecipazione pubblica. Un “modo per incutere paura di un massiccio costo della difesa legale per mettere a tacere le voci critiche”. La giornalista era, al momento della sua morte, l’obiettivo di 42 azioni civili di diffamazione e di cinque procedure penali di diffamazione, oltre che di innumerevole minacce più o meno dirette.

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