L’Europa all’Italia: “Scusate il ritardo!”


E’ il caso di dirlo, citando l’indimenticabile pellicola del caro Massimo Troisi del 1982:“Scusate il ritardo!”.

Il titolo fu dovuto al ritardo dal primo film, ma voleva anche spiegare la mancanza assoluta di sincronie nei rapporti di coppia. Proprio come il rapporto di questi giorni, tra L’Europa e l’Italia, fatto di silenzi, di aiuti disattesi, di vecchi dispetti. Come due vecchi amanti che faticano a lasciarsi andare, ma che hanno ad esistere soltanto uniti.

Finalmente dopo settimane di misunderstandings, di rincorse affannose, forse l’intesa sulla reale dimensione, di quello che ci ha travolto, è arrivata.

L’Europa si scusa con l’Italia

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha ammesso, senza giri di parole, che in Europa, non si è stati all’altezza della situazione. Certo, forse sarebbe corretto e onesto fare delle scuse all’Italia ed andare avanti, insieme.

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Si, perché il più grande pericolo che corrono i nostri ideali europeisti, è quello di venire schiacciati dall’avanzata sempre più spietata, di un nazionalismo sordo. Infatti, il Covid-19 oltre a strappare vite si assume l’istrionico ruolo di rimarcare nuovi-vecchi confini territoriali ed ideologici, che speravamo archiviati.

La globalizzazione, ora vista come una delle cause collaterali dell’esplosione pandemica, in questi giorni perde la sua potenza innovatrice. Ricordiamo che il “made in Italy” ora in ginocchio, è diventato realtà proprio grazie all’esperienza di globalizzazione. Solo uno, di mille esempi individuabili, degli effetti positivi, figli di una società multiculturale, priva di barriere geografiche.

Bisogna essere vigili a non diventare schiavi del pensiero, che il trincerarsi all’interno dei confini nazionali, rappresenti una soluzione per la vittoria sul virus. Considerare quindi questa chiusura come arma di difesa.

Dobbiamo ignorare la rassicurante ma illusoria prospettiva, offertaci dal sovranismo più becero, basata su una società che termina ai confini geografici nazionali. Così offriremo un altro fianco alla battaglia contro il virus, ed usciremo da questa situazione più rotti di prima.

Assistiamo al tentativo di strumentalizzare, addirittura una pandemia. Se c’è una frontiera da proteggere e su cui combattere, con tutte le forze, è quella tra l’uomo ed il virus. Certamente non quella tra le popolazioni europee e non.

Nella situazione specifica, la condivisione tra Stati, dei risultati degli studi sul Covid19, rappresenterebbe inoltre un’opportunità fondamentale e imperdibile, per portarsi avanti nella ricerca. La chiusura rallenterebbe ogni tipo di processo e favorirebbe sicuramente una regressione in infiniti settori.

Con un ritardo, ingiustificato, è palese che il senso di solidarietà, di umanità, che ci accomuna ora più che mai agli altri popoli europei deve essere  la base per una vittoria sul virus, duratura.

Ecco perché alla fine, si spera, sarà lo stesso virus ad asfaltare anche i nazionalismi opportunisti. Visto che per quelli, ahimè fatico a vedere all’orizzonte un veloce vaccino.

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