Lotta serrata tra le opposizioni

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Come annunciato in un mio precedente articolo la trattativa per le presidenze di Copasir e Vigilanza Rai è sempre più lunga e difficile.  A complicare la situazione il presidente del M5S, Conte, ha voluto reclamare la guida del Copasir per il suo partito e addirittura per se stesso.

L’ex premier cerca una condizione privilegiata per rivendicare la posizione contraria all’invio delle armi in Ucraina, rendendo magari la vita difficile alla maggioranza sul dossier importante che deve arrivare al Copasir. Ma poi Conte, forse su suggerimento del garante del movimento, Grillo, ha deciso di non inserirsi tra i dieci commissari. Al suo posto è stato scelto Scarpinato, il pm che ha voluto al Senato e che siede nel Copasir con l’altro grillino Marco Pellegrini.

Conte però ha dovuto prendere atto che pure Scarpinato è sgradito come guida del Copasir, organismo che sovrintende al lavoro delle nostre agenzie di sicurezza. A questo punto, messo nell’angolo, il M5S pretende comunque una figura gradita al presidente Conte e la guida della Vigilanza Rai. Per ottenere entrambi gli obiettivi è obbligatorio trattare con le forze di maggioranza ed opposizione, facendo capire che tutto sommato sarebbe il PD Guerini il più digeribile, perché con Borghi sono tanti gli screzi in passato con l’ex premier e pure con altre forze politiche.

A questo punto però anche il Terzo Polo di Renzi e Calenda pretende la presidenza dell’una o dell’altra commissione, ma dopo la  prima convocazione ufficiale si rompe l’accordo. Nelle trattative tra i responsabili, sia alla Camera che al Senato, il nome più gettonato resta ancora quello dell’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ma Conte non vuole perdere la presidenza per il suo movimento e chiede di procedere insieme con le  elezioni delle due commissioni di controllo, per avere appunto la certezza di avere la Presidenza della Vigilanza e non sono riusciti a convincerlo che non è possibile perché il Terzo Polo, rimasto fuori dalle vicepresidenze di Camera e Senato, avrebbe diritto ad un ruolo di guida. Se salta qualsiasi tipo di accordo il rischio è che si proceda liberi, lasciando scegliere le forze di maggioranza all’interno delle opposizioni. La  prassi vorrebbe che queste due presidenze fossero elette se non all’unanimità, almeno con un ampio accordo politico tra le forze politiche di maggioranza e opposizione. Ma forse questo tipo di prassi è solo un retaggio di un bipolarismo, che nei fatti non c’è più da almeno tre legislature.

Sullo stallo attuale pesa pure il fatto che nello stesso Pd la scelta tra Borghi e Guerini non appare così scontata, perché nell’ottica “segreteria” del PD e primarie del 19 febbraio, l’ex ministro Guerini può essere considerato  certamente uno dei sostenitori della candidatura Bonaccini, presidente della giunta dell’Emilia Romagna. Borghi invece è considerato sostenitore della Schlein, seppure non convinto e potrebbe essere disponibile a altre scelte.

La difficoltà della trattativa è anche dovuta al fatto che la prassi parlamentare prevede una sostanziale alternanza fra le due Camere perché la legge che istituisce il Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, prevede che esso sia composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati, all’inizio di ogni legislatura, entro venti giorni dalla votazione della fiducia al Governo, dai Presidenti dei due rami del Parlamento in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni. Il terzo comma del medesimo articolo, prevede che il presidente sia eletto tra i componenti appartenenti ai gruppi di opposizione e la necessità per l’elezione della maggioranza assoluta dei componenti. La legge non precisa esplicitamente se il presidente debba essere un senatore o un deputato, ma negli anni c’è stata una sostanziale alternanza fra le due Camere e nella passata e tormentata legislatura che ha visto succedersi tre governi la presidenza è andata al deputato Guerini fino al 4  settembre 2019.

Con la nascita del governo Conte II la presidenza è passata al deputato della Lega Raffaele Volpi, mentre sotto l’esecutivo Draghi, la guida del Copasir fu assegnata all’unica opposizione della Commissione, FdI e andò al senatore Urso. Con le tre opposizioni che stanno marciando in ordine sparso, sarà dunque decisivo il voto della maggioranza sui nomi messi in campo da M5S, PD e Azione Italia viva. Quindi i vari movimenti delle tre opposizioni possono essere decisivi, come l’incontro a palazzo Chigi tra Calenda e Meloni, anche se il tema è stato rigorosamente la legge di bilancio e non si è parlato di Commissioni e presidenze.

Il confronto però potrebbe essere stato utile e probabilmente anche proficuo perché Giorgia Meloni ha manifestato molto interesse alla contromanovra del Terzo Polo e nello specifico a come risolvere il nodo del Reddito di cittadinanza, degli aiuti a famiglie ed impresee della rinascita dell’unità di missione Italia sicura contro il dissesto idrogeologico.

Da parte loro, PD e M5S hanno stretto un “patto di non belligeranza” con la reciproca astensione sulle mozioni in aula e il Pd al Senato è andato in pressing con Alleanza Verde  Sinistra italiana per contrastare il blitz della maggioranza, definito dal segretario Letta “un vero colpo di mano” perché aveva messo in un decreto che parla soprattutto di Sanità in Calabria l’emendamento che avrebbe prorogato la missione militare dell’Italia in Ucraina.

Un atto così forzato per inviare armi in Ucraina anche nel 2023, dopo quanto già deciso dal governo Draghi fino al 31 dicembre, da sembrare addirittura provocatorio. La giustificazione del ministro della Difesa Crosetto sulla fretta non poteva reggere e così il governo Meloni farà un consiglio dei ministri per fare un decreto ad hoc. Le questioni di politica estera e dei rapporti nella situazione difficile attuale pure sono utili alla definizione del risiko del Copasir, che per trovare la soluzione deve necessariamente tenere conto di tutto questo.

Per esempio fratelli d’Italia, Il partito della premier Giorgia Meloni, ha tre componenti, Giovanni Donzelli, Andrea Augello e Angelo Rossi, mentre per la Lega c’è Claudio Borghi e Forza Italia ha indicato come componente la Commissione la capogruppo al Senato Licia Ronzulli. Per l’opposizione, ci sono due componenti a testa per il movimento 5 stelle, Scarpinato e Pellegrini, e per il Pd,  Borghi e Guerini, mentre per Azione-Italia viva c’è Ettore Rosato, che è stato in passato sottosegretario all’Interno. Renzi alla fine potrebbe spuntarla proprio con l’elezione di questo esponente del suo partito perché la questione delle commissioni e lo stallo attuale sono frutto anche del momento assai tribolato del Pd, diviso su tutto e nel cuore di un congresso, che potrebbe cambiare completamente la sua geografia interna con le probabili discese in campo di Elly Schlein, Matteo Ricci e forse pure quella di Vincenzo De Luca, oltre quelle già definite di Stefano Bonaccini e Paola De Micheli.

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