La NASA ha annunciato di aver scoperto più di 300 nuovi “esopianeti”

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La NASA ha da poco riferito di aver aggiunto centinaia di nuovi esopianeti alla sua lista di mondi sconosciuti situati nello spazio profondo, aumentando in maniera significativa la speranza di poter trovare, un giorno, un pianeta con le stesse caratteristiche della Terra.

Il numero totale di nuovi esopianeti confermati è 301, numero che porta la quota totale di corpi celesti con tali caratteristiche finora scoperti al totale di 4.569 unità.

La ragione per cui così tanti esopianeti – è questo il nome dato ai mondi siti al di fuori del sistema solare – sono stati confermati in una sola volta è individuabile in un nuovo software, programma per computer appositamente progettato per rilevarli.

Quando i ricercatori individuano la traccia di ciò che pensano possa essere un nuovo esopianeta, c’è ovviamente un arduo lavoro da fare prima di poter confermare la sua esistenza. Il segnale individuato potrebbe infatti non essere affatto riconducibile ad un nuovo pianeta, ma semplicemente ad un “falso positivo“.

La problematica principale è legata all’imponente mole di dati da ricercare, analizzare ed immagazzinare. Le tecnologie studiate ed impiegate della NASA, come ad esempio quelle appartenenti al Programma Kepler, progettate proprio per riuscire ad individuare i pianeti analizzando lo spazio, devono necessariamente elaborare i dati che arrivano da migliaia di stelle presenti nel loro “campo visivo”, aspetto che rende enormemente dispendioso in termini di tempo spulciare i dati raccolti da ciascuno di essi.

Per risolvere questo problema, i ricercatori hanno utilizzato, come già accennato, un nuovo programma chiamato ExoMiner, che opera utilizzando il supercomputer “Pleiades”, sempre di proprietà della NASA. Gli scienziati ed i ricercatori universitari responsabili del progetto hanno messo ExoMiner “all’opera” sui dati, già disponibili, di un archivio di esopianeti possibili ma non confermati, ottenendo, per la prima volta, un responso positivo.

Il Dottor Hamed Valizadegan, capo del progetto ExoMiner e responsabile dei progetti di Machine Learning per la Universities Space Research Association della NASA, in California, ha annunciato in un comunicato stampa che, grazie al lavoro del suo team, si può ormai affermare che “quando ExoMiner dice che qualcosa è un esopianeta, si può essere sicuri che è un esopianeta”.

ExoMiner è altamente accurato e, per certi versi, è già più affidabile sia dei classificatori automatici esistenti che degli esperti umani che intende emulare”.

Le scoperte di ExoMiner sono state descritte in uno studio in via di pubblicazione sull’Astrophysical Journal, che uscirà il prossimo lunedì.

È anche grazie a tali moderne soluzioni ai problemi sollevati dalla ricerca in campo astrofisico che i ricercatori sono al giorno d’oggi in grado di individuare pianeti lontani, potendo finalmente disporre di una varietà di tecniche. Al momento, la tecnica più popolare è quella denominata “metodo del transito”, in cui gli astronomi usano i telescopi per analizzare le stelle, e verificare eventuali variazioni nella loro luminosità.

Se vi è una diminuzione, è probabilmente segno del fatto che un pianeta potrebbe orbitare intorno alla stella osservata, ostruendo temporaneamente parte della sua luce quando le passa davanti.

Il team di ricerca non è ancora in grado di dire se qualcuno dei pianeti appena scoperti condivida le stesse caratteristiche fisiche della Terra: con ogni probabilità una gran quantità degli stessi è da inserire nella classifica dei giganti gassosi, come ad esempio, “tornando” nel Sistema Solare, Nettuno: luoghi dove la chance di trovare la vita è probabilmente molto ridotta. Scoperte come quella annunciata quest’oggi sono tuttavia fondamentali in tale ottica: con l’aumentare degli esopianeti aggiunti alla lista cresce la possibilità di trovarne qualcuno adatto ad ospitare la vita, il “sacro graal” dei ricercatori astrofisici, la scoperta che, probabilmente, consegnerebbe al genere umano una nuova era.

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