Oprah Winfrey e il suo discorso al Golden Globe 2018

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Al celeberrimo Golden Globe 2018 è stato consegnato il 7 gennaio scorso il Premio alla carriera  Cecil B. DeMille Award  a Oprah Winfrey. Il prestigioso premio per la prima volta è stato consegnato ad una donna di colore come la stessa Oprah ha dichiarato nel suo accorato discorso durante la serata di premiazione. Rapidamente le sue parole sono state condivise in rete e moltiplicate in ogni angolo del globo virtuale; la viralità delle sue parole ha scatenato il web definendolo “il discorso presidenziale” e lanciato l’hashtag #OprahforPresident e #Oprah2020.

Sicuramente l’istintiva reazione degli spettatori nei confronti del sentito discorso di una donna afro-americana liberale, è stata dettata da motivazioni profonde: Oprah è cresciuta in povertà con una madre single; il suo status è in netta antitesi con quello dell’attuale presidente Donald Trump, uomo bianco privilegiato; per ben venticinque anni è entrata nei salotti di tutti gli americani dimostrando di essere una buona uditrice, in contatto con i cittadini e i media, e di avere a cuore i problemi di classe, genere e razza come la sua biografia dimostra.

Oprah Winfrey – il discorso

Nel 1964, ero una ragazza seduta sul pavimento in linoleum a casa di mia madre nel Milwaukee. Guardavo Anne Bancroft consegnare l’Oscar come Miglior attore della trentaseiesima edizione dell’Academy Awards. Aprì la busta e pronunciò sei parole che hanno letteralmente fatto la storia: “Il vincitore è Sidney Poitier”.
Sul palco arrivò l’uomo più elegante che io avessi mai visto. Ricordo che aveva la camicia e il papillon bianchi, e ovviamente la sua pelle era nera. Non avevo mai visto un uomo nero celebrato in quel modo.
Ho provato tantissime volte a cercare di spiegare cosa un momento simile significa per una bambina che guarda sua madre tornare a casa stanca morta per aver pulito le case degli altri. Tutto quello che posso fare è dire che la spiegazione è nella performance di Sidney nel film I gigli del campo, citando una sua frase: “Amen, amen, amen, amen”.
Nel 1982, Sidney ha ricevuto il premio Cecil B. DeMille proprio qui ai Golden Globes. Adesso mi fa un certo effetto pensare che ci sono delle ragazzine che stanno guardando la prima donna nera che riceve lo stesso premio. È un onore e un privilegio condividere questa serata con tutte loro e anche con gli uomini e le donne incredibili che mi hanno ispirata, stimolata, sostenuta e che hanno reso possibile il mio viaggio fino a qui.
Dennis Swanson che ha creduto in me per A.M. Chicago. Quincy Jones che mi ha vista in quello show e ha detto a Steven Spielberg:Sì, lei è Sophia in Il colore viola”. Gayle che è l’incarnazione della parola amico e Stedman che è stato la mia roccia, e molti altri.
Ringrazio la Hollywood Foreign Press Association perché sappiamo quanto la stampa è sotto assedio oggi. Sappiamo anche che è l’insaziabile voglia di raggiungere la verità assoluta che ci impedisce di chiudere un occhio di fronte alla corruzione e all’ingiustizia, ai tiranni e alle loro vittime, ai segreti e alle bugie.
Oggi apprezzo la stampa più che mai, oggi che cerchiamo di attraversare questi tempi complicati che mi hanno portata a questa idea: dire ciò che pensiamo è lo strumento più potente che abbiamo.

Per quanto mi riguarda, sono particolarmente orgogliosa e ispirata dalle donne che si sono sentite così forti ed emancipate da far sentire la propria voce e condividere le loro storie. Ognuno di noi che siamo viene omaggiato per le storie che racconta. Quest’anno noi siamo diventate la storia.
Ma è una storia che non riguarda solo l’industria dello spettacolo. Va oltre ogni cultura, geografia, razza, religione, politica o lavoro. Così stasera vorrei esprimere la mia gratitudine a tutte quelle donne che hanno sopportato anni di abusi e violenze perché, come mia madre, avevano bambini da mantenere e bollette da pagare e sogni da inseguire.
Non conosceremo mai il loro nome. Sono casalinghe e contadine. Lavorano nelle fabbriche, nei ristoranti, all’università, nell’ingegneria, nella medicina o nella scienza. Nel mondo della tecnologia, della politica e degli affari. Sono le nostre atlete alle Olimpiadi e i nostri soldati.

Ma c’è qualcun altro: Recy Taylor. Io la conosco e penso dovreste conoscere il suo nome anche voi. Nel 1944 era una giovane moglie e madre. Stava tornando dalla messa a Abbeville, in Alabama, quando sei uomini bianchi armati l’hanno rapita, stuprata e abbandonata con gli occhi bendati a bordo della strada che dalla chiesa portava a casa sua.
Le dissero che l’avrebbero uccisa se avesse raccontato quello che le avevano fatto, ma la sua storia fu riportata dalla Naacp: a capo dell’indagine venne nominata la giovane Rosa Parker e insieme cercarono giustizia.
Ma la giustizia non era possibile con Jim Crow. Quegli uomini non sono mai stati messi sotto indagine. Recy Taylor è morta dieci giorni fa, alla soglia dei 98 anni. Ha vissuto, come tutte noi, troppi anni in una cultura ferita da uomini potenti.
Per troppo tempo le donne non sono state ascoltate, o credute quando osavano raccontare la loro verità al potere maschile. Ma il loro tempo è finito. Il loro tempo è finito.
Il loro tempo è finito! E io spero che Recy Taylor sia morta sapendo che la sua verità sta venendo fuori: la sua come quella di tante altre donne che in questi anni sono state torturate o che lo sono tuttora.
Doveva essere nel cuore di Rosa Parks quando quest’ultima, quasi 11 anni dopo, decise di non alzarsi in quell’autobus a Montgomery. Ed è qui con ogni donna che ha deciso di dire #MeToo. E in ogni uomo che ha deciso di ascoltare.
Nella mia carriera, quello che ho sempre cercato di fare al meglio, in televisione o nei film, è di raccontare come le donne e gli uomini si comportano davvero. Come proviamo vergogna, amore o rabbia. Come falliamo, ci ritiriamo, insistiamo e vinciamo.
Ho intervistato persone che hanno sopportato alcune delle cose più brutte che la vita possa gettarti addosso, e l’unica qualità che avevano in comune era la capacità di mantenere la speranza in un mattino più luminoso. Persino durante le notti più buie. Ecco perché voglio che tutte le ragazze che mi stanno guardando sappiano che c’è sempre un nuovo giorno!
Questo nuovo giorno sorgerà grazie a tante donne meravigliose – molte delle quali sono stasera in questa stanza – e ad alcuni uomini davvero eccezionali che lottano tutti i giorni per condurci fino al momento in cui nessuno dovrà dire di nuovo #MeToo. Grazie!

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