Il leader della Lega in questi giorni sta subendo l’attacco su due fronti, accerchiato dallo sparo del suo assessore di Voghera Massimo Adriatici, che ha ucciso Youns El Boussettaoui e dalle parole di fuoco di Mario Draghi, il suo presidente del Consiglio.
Salvini e il suo flirt con il mondo dei no vax
Salvini per mesi aveva parlato dell’importanza della non obbligatorietà dei vaccini anti covid e negli ultimi tempi aveva pure contestato il Green Pass, riposizionandosi sulle posizioni dei sovranisti europei e di tutto il mondo e addirittura flirtando con il mondo dei no vax.
Il premier Draghi nella conferenza stampa successiva alla riunione del Consiglio dei Ministri, su una precisa domanda di un giornalista sulle parole di un leader della sua maggioranza risponde in modo icastico con questi termini : “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire sostanzialmente. Se non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire”.
Insomma il presidente del Consiglio fissa un discrimine nettissimo non di opportunità politica, ma proprio inconfutabile, come quello della differenza tra la vita e la morte. Le parole di Draghi portano un giudizio definitivo di stroncatura sul cinico gioco, a favor di consenso, sulla salute delle persone.
Green Pass da ridefinire
Tutto l’impianto dei provvedimenti messi già in campo dal governo e di quelli che saranno affrontati nelle prossime settimane con la discussione del “lasciapassare verde” anche sui mezzi di trasporto, oltre che nei ristoranti e per gli eventi pubblici e sul tema della vaccinazione dei docenti sembra davvero essere una clamorosa sconfitta dell’impostazione delle tesi di Salvini.
Questa volta il segretario della Lega ex Nord non ha neanche l’appiglio semantico per rivendicare i provvedimenti come propri, come quando provava a intestarsi le aperture del governo Draghi nella pandemia, che in verità erano più graduali e prudenti di come venivano da lui presentate.
Il modus operandi della Lega
L’altro fuoco cui è sottoposto Salvini è quello dell’assessore leghista alla Sicurezza di Voghera, che ha colpito a morte un marocchino di 38 anni con la sua pistola calibro 22. L’esponente della giunta di Voghera si trova ora ai domiciliari dopo un arresto in flagranza per omicidio volontario, poi ridimensionato ad eccesso colposo in legittima difesa, grazie alle riprese delle telecamere di sorveglianza, che hanno attestato l’aggressione del marocchino all’assessore con un pugno.
L’assessore avrebbe dichiarato di aver tirato per sbaglio il grilletto, anche se il porto d’armi per difesa personale consente ai privati di avere la pistola pronta a sparare a differenza di ciò che è previsto per le forze dell’ordine. Massimo Adriatici, oltre ad essere assessore, è anche avvocato e docente di diritto processuale penale, che non avendo famiglia si dedica in modo pressoché totalizzante alla attività politica e di governo della città di Voghera.
Per molti osservatori però, Adriatici interpretava il suo ruolo in modo discutibile e soprattutto ingombrante. Addirittura qualche mese fa aveva convocato un comitato per la sicurezza pubblica in assenza del prefetto e soprattutto senza il suo assenso e ripetutamente si presentava nell’ufficio del comandante della polizia locale di Voghera per impartire ordini su dove dislocare le pattuglie la sera al fine di contrastare la movida. Proprio per questo il comandante della municipale a 5 anni dalla pensione ha voluto partecipare ad un concorso per essere spostato da Voghera a Vigevano, non sopportando evidentemente le continue imposizioni nel suo lavoro dell’assessore alla sicurezza.
Quindi il caso di Adriatici per Salvini non è solo un grave fatto giudiziario, ma un vero caso politico, che rappresenta il modo di operare della lega nei comuni in cui governa, manifestando una discutibile volontà di gestire le attività delle forze di polizia, non solo fornendo indirizzi, ma addirittura impartendo vere e proprie disposizioni operative, aspetti che appartengono per legge ai dirigenti comandanti e non certamente agli assessori locali alla Sicurezza pubblica.