San Gennaro: la vita, il martirio, il declassamento e la riabilitazione

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Sono diverse le fonti che narrano della vita e del martirio di San Gennaro: fra esse si ricordano gli Atti Bolognesi dell’VIII-IX secolo; gli Atti Vaticani del VIII-IX secolo;  il Calendario Cartaginese del 505; il Martirologio Geronimiano del V secolo; il Menologio di Basilio II del 985, il Martirologio romano del XVI secolo. Si tratta solo di fonti religiose e liturgiche.

La nascita di San Gennaro

Convenzionalmente si ritiene che San Gennaro sia nato il 21 aprile dell’anno 272. Il suo vero nome non è noto; Gennaro invece deriverebbe dal latino “Ianuarius“, a sua volta derivato da “Ianus“, ossia Giano, il dio bifronte degli antichi Romani. Il Santo avrebbe fatto parte di una gens legata proprio a tale divinità: la gens Ianuaria.

Le fonti tacciono anche sul luogo di nascita e così diverse città rivendicano di esserlo. Essendo stato vescovo di Benevento, una tradizione antica e sempre tramandata dalla Chiesa beneventana vuole che il martire sia nato proprio nella città sannita. Alcuni biografi, invece, lo vogliono nato a Napoli, dove si è manifestato, e continua a manifestarsi, il prodigio delle sue reliquie. E infine c’è chi lo considera nativo di Calafatoni, un antico villaggio nei pressi di Caroniti, nel vibonese, in Calabria.

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La data del martirio

Secondo gli Atti Bolognesi, un codice del VI o VII secolo, l’anno del martirio andrebbe individuato nel 305. Era il periodo delle persecuzioni di Diocleziano. Tuttavia i documenti liturgici non sono concordi sulla data esatta del martirio: secondo l’opinione prevalente la data corretta sarebbe il 19 settembre. Il Calendario Marmoreo di Napoli, un documento che narra dei costumi liturgici dell’antica Chiesa napoletana, indica proprio tale data come giorno preferibile.

Le vicende del martirio

Secondo quanto tramandato dalle fonti e dalla tradizione, Gennaro era vescovo di Benevento. Un giorno decise di recarsi, accompagnato dal lettore Desiderio e dal diacono Festo, in visita pastorale a Pozzuoli. Nell’occasione però il diacono di Miseno, Sossio, suo amico, fu arrestato, lungo la strada che stava percorrendo per recarsi al luogo dell’incontro, per ordine di Dragonzio, governatore della Campania e persecutore dei cristiani.

Allora Gennaro, Festo e Desiderio andarono a visitare il prigioniero e ne perorarono la causa ma furono arrestati anch’essi e condannati a morire sbranati dai leoni (o dagli orsi) nell’Anfiteatro di Pozzuoli. Tuttavia l’esecuzione fu sospesa, secondo alcune fonti per impegni del governatore, secondo altre per evitare disordini, dato il favore popolare di cui godevano i condannati; la tradizione cristiana sostiene invece che sarebbe avvenuto un miracolo, ossia che gli animali si sarebbero inginocchiati al cospetto dei condannati, dopo essere stati benedetti dal vescovo. Il governatore allora avrebbe deciso di far eseguire la pena per decapitazione. Gennaro e gli altri sarebbero stati quindi portati nei pressi del Forum Vulcani (l’attuale Solfatara di Pozzuoli) e lì giustiziati insieme ad altri personaggi che avevano provato a difenderli criticando la sentenza di condanna.

La sepoltura e i vari spostamenti del corpo

Il corpo del Santo sarebbe stato poi sepolto nell’Agro Marciano, località corrispondente ad una zona situata tra le attuali località di Agnano e Pianura. Lì sarebbe rimasto fino alla metà del V secolo, quando il vescovo Giovanni I ne avrebbe ordinato il trasferimento nelle catacombe di Napoli che da allora presero il nome del Santo. Le spoglie furono poi trafugate nell’anno 831 dal principe dei longobardi Sicone I e portate a Benevento. In seguito furono spostate nel Santuario di Montevergine, in Irpinia, dove restarono quasi dimenticate per oltre due secoli. Questa dimenticanza, rivelatrice di un culto poco diffuso in quella zona, fu la fortuna dei napoletani perché, dopo il loro ritrovamento, fu possibile per loro riaverle, sebbene dopo lunghe trattative condotte dalla potente famiglia Carafa. Le ossa furono infine restituite alla città di Napoli nel 1497.

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Il declassamento e la riabilitazione di San Gennaro

La circostanza che non vi siano fonti storiche per così dire “laiche” (ritenute più attendibili) che parlino di San Gennaro, in passato ha costituito, paradossalmente, un problema per la stessa Chiesa cattolica. Infatti, a seguito del Concilio Vaticano II si arrivò addirittura a dubitare che egli fosse mai esistito, decidendo la cancellazione della sua festività dal calendario dei Santi con la riforma liturgica del 1969.

Decisione che, ovviamente, non poté essere accettata in modo sereno dai napoletani e dalla Curia cittadina, che si ribellarono. Il Vaticano decise allora di ripristinare il culto di San Gennaro, specificando tuttavia che esso avrebbe dovuto avere solo portata locale. Un Santo declassato, insomma, retrocesso in serie B. La reazione dei napoletani fu di una simpatia eccezionale perché i fedeli tappezzarono la città di scritte che avevano lo scopo di “consolare” San Gennaro per l’affronto subito; fra esse rimase celebre “San Gennà futtatenne!”. Si arrivò così al 1980 quando Papa Giovanni Paolo II dovette prendere atto del grande amore dei napoletani di tutto il mondo per il loro Santo e proclamò San Gennaro ufficialmente Patrono di Napoli e della Campania.

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