L’11 gennaio la Macedonia ha raggiunto un traguardo storico ratificando l’accordo per porre fine all’annosa disputa sul nome del Paese che fin dalla dichiarazione d’indipendenza nel 1991 oppone ferocemente Skopje e Atene e ha impedito negli anni l’adesione all’Unione europea e alla NATO.
In base all’accordo raggiunto il Paese dovrebbe adottare il nome di “Repubblica di Macedonia del nord” per differenziarsi dalla regione greca con cui si trova a dover condividere il nome. Hanno votato a favore del cambio del nome 81 parlamentari su 120, più di due terzi necessari all’approvazione. Il Primo ministro Zoran Zaev è riuscito nell’intento di far passare la riforma attraverso un accordo con il partito Besa, rappresentante della minoranza albanese della Macedonia.
La risposta greca
La palla passa ora ad Atene, dove il parlamento dovrebbe votare la ratifica entro la fine di gennaio, ma il voto non appare così scontato. Subito dopo il voto del parlamento macedone, il ministro della Difesa greco Panos Kammenos, leader dei greci indipendenti, ha rassegnato le proprie dimissioni. Infatti i greci indipendenti (Anel), alleati di governo del premier Alexis Tsipras (Syriza) sono fermamente contrari a ogni soluzione che contenga il termine Macedonia per la risoluzione del contenzioso tra i due paesi.
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Il voto di fiducia
Con le dimissioni del ministro della difesa Tsipras è stato costretto a chiedere un voto di fiducia, superato con una percentuale risicata (151 voti a favore e 148 contrati) e grazie all’appoggio di alcuni membri di Anel dissenzienti dal loro leader Kammenos. Ma adesso si profila per il primo ministro greco un momento molto difficile in quanto dovrà mettere in agenda per la prossima settimana il dibattito e il voto parlamentare sull’accettazione del cambio del nome della Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia.
Tuttavia la questione rimane assai complessa con un’opinione pubblica greca che rimane profondamente spaccata sulla questione e con molte correnti nazionaliste contrarie al cambio del nome. A livello internazionale dopo il plauso del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e del commissario incaricato dell’allargamento dell’Ue Johannes Hahn sono arrivate da Mosca aspre critiche poiché si ritiene che si tratti di un complotto per allargare i confini della NATO destabilizzando i Balcani.