1941, Shlomo, lo “scemo” del suo villaggio, avverte i suoi compaesani dell’arrivo delle truppe naziste. Il Consiglio dell comunità decide di intervenire allestendo un finto treno di deportati. Alcuni impersoneranno le guardie, altri i deportati. L’idea è di arrivare in Palestina passando per l’Unione sovietica.
Un piccolo film, nel senso di relativamente e girato senza grandi mezzi. Ma grande negli intenti e soprattutto nella realizzazione. Il Radu Mihăileanu (rumeno naturalizzato francese) riesce in una vera impresa. Raccontare una tragedia come la Shoah facendo ridere senza snaturarla. Impresa riuscita solo alla “Vita è bella”.
Il film non risparmia nessuno, con la sua ironia grottesca non risparmia nessuno. Colpisce tutti. Tedeschi, polacchi, russi, perfino ebrei. Ed essendo ebreo osservante, il regista è anche al riapro dalle classiche accuse cretine di antisemitismo che puntualmente arrivano contro i film che trattano riferimento l’Olocausto.
In questo modo, il regista intende sottolineare l’irrealtà della sua stessa finzione. Fa immediatamente capire che la storia è assurda, sconclusionata. E non è un caso che siano tutti fortemente caricaturali e anche stereotipati. Il Comunista, il credente, il folle, il sarto. Inoltre la storia è raccontata restando ai margini del genocidio, come se fosse una cosa lontana, finta, irreale. Qualcosa che solo un pazzo come Shlomo può raccontare.
Mihăileanu riesce, in maniera egregia, a mettere in mostra gli effetti disumanizzanti dell’ideologia e del potere sull’individuo. E mostra come una commedia possa essere più tragica della tragedia stessa. Come è egli stesso ad affermare: “L’umorismo come ebreo, è ciò che mi ha fatto sopravvivere, che ha salvato la nostra vita e la nostra memoria”.
E il finale del film è così inaspettato da essere peggio di una calcio nei testicoli. Scioccante ma, riflettendo su tutto l’andamento del film, neanche così inaspettato. In un modo tale che solo un maestro del cinema può raccontare.
Curiosità: Mihăileanu l’anno prima aveva fortemente criticato “La vita è bella” definendolo “Il trionfo dei negatori dell’Olocausto”. Tuttavia propose il ruolo di Shlomo proprio all’attore toscano. Che rifiutò perché impegnato a lavora su suo “Pinocchio”.