Quindici anni fa fu “la mia prima volta in Grecia”. Approdai a Zante, isola che conoscevo solo attraverso il celebre sonetto di Foscolo. Furono due settimane di assolute novità: la cucina ellenica, i riti religiosi, le usanze, i profumi, i colori, la lingua. Fu un colpo di fulmine. Da allora ogni estate sono tornata in Grecia spostandosi dalle “sacre sponde di Zacinto” verso altre isole e altre lingue di terra. Sembra che, al pari del “mal d’Africa” esista il “mal di Grecia”. Beh! Se è vero, credo di esserne testimone.
Dakos di Valeria Dainese, edito da Rossini Editore
Leggere Dakos, l’ultimo libro di Valeria Dainese, edito da Rossini Editore, è stato come fare un tuffo in acque cristalline e respirare nostalgici profumi.
La storia è quella della famiglia Kissamou. Andros Kissamou, “il dottore” è uno degli eroi della Battaglia di Creta; Ester e Antea sono le sue figlie, gemelle ma completamente diverse per temperamento. Entrambe vivono il dolore legato alla tragica scomparsa della loro mamma, morta quando erano ancora piccole. E poi c’è Thòmas, figlio di Ester che, insieme alla madre vive in Inghilterra e che non ha mai conosciuto suo nonno di cui però ha sempre sentito tanto parlare. La storia si sviluppa lungo due linee temporali parallele: gli anni della seconda guerra mondiale e gli anni ’80. Una scomoda realtà affiora pian piano, pagina dopo pagina. Ognuno dei protagonisti si ritroverà a farne i conti, ed anche il lettore si sentirà coinvolto.
Un libro per tutti, non solo per quelli come me che amano la Grecia. Ho voluto saperne qualcosa di più; per questo motivo ho contattato l’autrice con la quale mi sono persa in una piacevola chiacchierata, autrice che ringrazio per la sua disponibilità.
Valeria Dainese: “Vai a fidarti delle cornacchie… ci vedono lungo e bene”
- “Una cornacchia” mi ha detto che ad ispirarti questa storia è stato un tuo viaggio a Creta. Cosa ti ha particolarmente colpito di quest’isola tanto da decidere di ambientare il tuo romanzo a Creta?
Vai a fidarti delle cornacchie… ci vedono lungo e bene. Comunque non è un mistero: spesso sono i luoghi a ispirare ciò che scrivo (curo anche un blog di viaggi). Nel caso di “Dakos” la mia musa è stata Creta, quest’isola fatta di storia e leggenda ancor prima che di terra e mare. Per raggiungere le meravigliose spiagge della penisola di Akrotiri, si costeggia la baia di Souda e si passa accanto al cimitero di guerra degli Alleati, “un luogo così incantevole che faceva quasi venir voglia di essere morti” dice Thòmas nel libro. Incuriosita, ho fatto alcune ricerche e ho scoperto che, durante la seconda guerra mondiale, questa regione è stata al centro di un’azione militare denominata “Operazione Mercurio”.
In quei giorni, alloggiavo in un appartamento terra-cielo davvero particolare: ogni sera, dal terrazzo, si poteva assistere a una pioggia di stelle. Ad accoglierci, il giorno del nostro arrivo, un ragazzino biondo con gli occhi azzurri, che parlava perfettamente l’inglese, a differenza della nonna, che era un’anziana signora greca. Erano così diversi da domandarsi come potessero capirsi! Così è nata la famiglia Kissamou. La storia, il cibo e il paesaggio cretese hanno fatto il resto.
- Protagoniste del romanzo due sorelle gemelle, ma tanto diverse l’una dall’altra. A chi senti di somigliare di più?
In realtà – e questa è una cosa che ho scoperto rileggendo il libro dopo la prima stesura – Ester e Antea rappresentano due facce della stessa medaglia, che poi corrispondono a due tratti del mio carattere, spesso in conflitto tra loro, come due sorelle. Di fronte alle difficoltà, Ester tende a fuggire mentre Antea rimane bloccata. Nel romanzo, a volte prevale una gemella a volte l’altra ma solamente quando lavorano insieme riescono a trovare le giusta via. Il problema è che, tendenzialmente, proprio non ne vogliono sapere di andare d’accordo!
“Guardale là, così uguali e così diverse” commentò Andros Kissamou, osservando le figlie che, dopo averlo spostato al tavolo del giardino come una pianta bisognosa di sole, salivano in macchina. “Antea è così composta, mentre Ester…Dio solo sa da dove sia saltata fuori, con quel brutto carattere che si ritrova” continuò “il dottore” in greco stretto, più pensando ad alta voce che rivolgendosi a qualcuno in particolare, cercando di scacciare la preoccupazione che realmente gli frullava per la testa. Vale a dire che una cosa, in comune, ce l’avessero: sembravano entrambe così fragili e sole. Possibile sia colpa mia?“
- “Dakos” è un doppio viaggio: il primo tra i profumi ellenici, il secondo in un tormentoso mondo onirico. Cosa rappresenta per te il mondo dei sogni?
Spesso le persone non ricordano i propri sogni, oppure li ricordano vagamente e se ne dimenticano poco dopo il risveglio. Io faccio sogni lunghissimi, praticamente dei lungometraggi; anzi delle serie tv, considerato che a volte li faccio a puntate e devo aspettare la notte successiva per sapere come va a finire. E me li ricordo a lungo. Ci sono sogni che mi tormentavano da bambina che se chiudo gli occhi posso ancora rivedere. Insomma, ho un’attività onirica molto intensa. In ufficio, la pausa caffè a volte diventa l’angolo dell’interpretazione dei sogni. Ho passato un brutto periodo in cui non riuscivo a dormire, un’insonnia che ho cercato di curare con qualsiasi “stregoneria” in stile Antea. Insomma, anche questo è finito nel libro.
- “Dakos”, dopo la pubblicazione, ha abbandonato il tuo PC ed è diventato il libro di tutti. Ora è nelle mani della comunità dei lettori. Cosa ha lasciato a te come autrice?
Per essere pronto per il pubblico, un libro ha bisogno di tante revisioni. Dopo la prima stesura – di solito – mi prendo una pausa, cerco un po’ di distacco, mi preparo per la fase successiva, in cui bisogna sforzarsi di guardare il libro dall’esterno. Solamente a una seconda lettura riesco a rendermi veramente conto di quanto di me ho messo sulla carta. Se questo succede, capisco che ho lavorato bene, perché una storia – per essere credibile – deve basarsi su un’emozione vera, anche se i fatti sono completamente inventati.
Una volta nati, i personaggi prendono la loro strada. È un po’ come se si allontanassero da te per andare in giro per il mondo e quando tornano indietro ti raccontano qualcosa di nuovo, a cui non avevi pensato, almeno non consciamente. E, così, le sorelle Kissamou mi hanno aiutato a capire qualcosa di più su me stessa e a essere più indulgente nei confronti delle mie azioni.
Una parte della storia, poi, è stata scritta durante il Covid, e credo che l’atmosfera di quel periodo mi abbia portato ad affrontare il tema della sofferenza e della malattia, con un effetto sicuramente analgesico.
- A chi consiglieresti la lettura del tuo libro?
Poiché nel libro sono raccontate tre generazioni – incarnate dal vecchio Kissamou, dalle sue figlie trentenni e dal nipote adolescente – credo che il libro sia adatto a tutti i lettori dai 13 anni in su. In particolare, potrà essere apprezzato da chi ama i romanzi a sfondo storico e le saghe familiari. La linea temporale principale, poi, si svolge negli anni ’80, perciò i nostalgici di quegli anni potranno apprezzare alcuni dettagli del contesto. Ci sono anche alcuni rimandi, più o meno evidenti, alla mitologia greca, che credo potranno gratificare chi, come me, ha una formazione classica.
Anche gli argomenti trattati sono “universali”: le relazioni familiari, le diverse fasi della vita, le reazioni umane di fronte alla sofferenza e alla paura.
- Progetti futuri? Hai già altro che bolle in pentola?
Un wurstel fumante comprato da un ambulante di Battery Park. Siamo nella New York del grande blackout (1965) in compagnia di una ragazza, Ellis, che vorrebbe tanto una famiglia alla Kissamou ma, da quando ha perso anche sua zia Sarah, è rimasta completamente sola, senza nessuno a cui aggrapparsi, senza nulla in cui credere. Passa le giornate tra la Morgan Library, dove lavora come bibliotecaria, e il Lucid Cafè, dove può vedere il ragazzo che le piace, finché un ladro non fa irruzione in casa sua. Ho già scritto qualche capitolo e mi sembra funzionare. Lo immagino come un romanzo di formazione, in cui la protagonista è alla ricerca della propria identità.
Nel frattempo, però, mi piacerebbe ripubblicare il mio libro d’esordio. Era poco più che un racconto quando è uscito la prima volta, nel 2016. Negli anni vi ho rimesso mano, sviluppato la trama e approfondito i personaggi; ora è un vero romanzo e vorrei proporlo ai lettori nella sua forma definitiva. La protagonista è una ragazza-madre alle prese con i pregiudizi della Londra di fine Ottocento.
Grazie ancora per la tua disponibilità! La trama del tuo nuovo romanzo sembra essere molto intrigante. Aspetto la pubblicazione per parlarne insieme.
Grazie a te! A presto!