Sui vaccini Covid varrebbe oggi quell’adagio del “zitto chi sape ‘o juoco“. Si tratta di un adagio ancora comune nel dialetto napoletano, che fa riferimento secondo le più autorevoli ricostruzioni ai saltimbanco che nella zona della Ferrovia e piazza Mercato invitavano così gli spettatori a non rivelare, dove noto, il gioco di prestigio.
Vaccini, “zitto chi sape ‘o juoco”
Zitto chi sape ‘o juoco che c’è dietro una certa stampa, verrebbe da dire a guardare cosa sta accadendo con certi titoli che rimbalzano qui e lì per i social network. Il gioco in questione è quello del titolo: con la campagna vaccinale che stenta a decollare per questioni ben superiori alle nostre umili posizioni, è facile ammiccare al click facile supponendo e/o lasciando velatamente intendere che di vaccino si muore.
In questi giorni è successo più di una volta. Emblematico il caso della compianta prof. Annamaria Mantile, docente dell’IC Pavese, morta 4 giorni dopo che le è stata somministrata una dose di vaccino Covid AstraZeneca. Qualcuno potrà obiettare: “Non è una notizia? Non è giusto che vada in pagina?”. Certo che è una notizia. Certo che è giusto che vada in pagina. Ma un buon giornalismo non può barattare per una manciata di visualizzazioni la responsabilità sociale nei confronti dei lettori.
Covid e recrudescenza di click-bait
Il web è diventato una giungla di contenuti. Al punto tale da far coniare un termine apposito: infodemia. Parliamo ossia della “abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”. Siamo in piena pandemia e anche in piena infodemia, e per tutti coloro che puntavano a creare un’economia con un giornale online questo vuol dire che la concorrenza non è solamente agguerrita, ma numericamente esagerata.
Sebbene ci sia una letteratura, anche abbastanza importante, di addetti ai lavori che spiegano che l’unico modo per vincere online in questo momento è puntare su contenuti originali rivolgendosi a uno specifico target, le testate generaliste continuano a spuntare come funghi (con o senza autorizzazione del Tribunale poco conta, ed è un bene che l’Ordine dei Giornalisti si renda conto anche di ciò).
L’accessibilità alla Rete, l’estrema semplificazione nel mettere su un sito web attraverso CMS ormai di uso comune e un mercato in cui l’editor finale è scarsamente tutelato (fioccano ancora oggi offerte di lavoro non retribuite ma con la promessa del tanto agognato tesserino da giornalista) stanno portando di nuovo in voga quel vezzo del titolo che incuriosisce, che si lascia cliccare, a scapito anche di ciò che il buon senso suggerisce. Un fenomeno, che prende il nome di click-bait, che pareva accantonato ma – complici le recenti cronache – sembra essere tornato di nuovo in auge.
Un lusso che non possiamo permetterci
Quindi è giusto che si parli di possibili effetti collaterali dei vaccini? Certo che sì. Ma è il modo che è sbagliato. Facendo nostra una delle più famosi frasi del mondo dei fumetti, “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, chi scrive e fa informazione (a qualsiasi titolo) in questo momento ha una responsabilità enorme nei confronti della collettività.
Alludere, anche solo nel titolo dell’articolo, a responsabilità del vaccino nella tragedia di un decesso vuol dire prestare il fianco a No-Vax e complottisti di vario ordine. Un danno a cui l’inconsapevole editor non mette certo riparo scrivendo due parole a fine articolo sulla totale assenza di un dimostrato nesso causale tra i due eventi.
Non è un gioco per restare nel confine delle regole e nel frattempo puntare alla pancia del lettore. Esiste un messaggio esplicito e uno sotteso, far finta di non tener conto del secondo non nobilita il lavoro.
Esistono modi e modalità per raccontare il fatto di cronaca evidenziando che al momento tra morte e vaccinazione non vi è alcun legame. Già dal titolo, vi assicuro.
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Questa dimensione dell’informazione, in un momento così delicato per la nostra storia e la nostra società, è un bene da preservare e perseguire.