Vent’anni senza Indro Montanelli, uno dei maestri del giornalismo in Italia. Tra le penne più importanti del ‘900, il secondo nome di Indro era Schizògene, che significa “generatore di divisioni”. Omen nomen, dicevano i Romani, infatti Indro era un giornalista dalla verve polemica, che molto spesso in vita ha fatto parlare di sé. Uno dei personaggi più importanti in Italia del ventennio fascista, fu direttore per quarant’anni del Corriere della Sera. Dopo aver lasciato il Corriere della Sera, fondò la testata Il Giornale, dove si distinse per i suoi spiccati editoriali, composti da modus scribendi fluido e limpido.
Curò, parallelamente all’attività di giornalista, una serie di volumi di storia di stampo divulgativo, dal titolo Storia d’Italia. Montanelli si definiva un “condannato al giornalismo”, perché era, a suo dire “l’unica cosa che gli riusciva bene”. Effettivamente, come dar torto ad una della penne più brillanti del Novecento? Si spense a Milano nel 2001, città dove svolse la sua carriera da giornalista.
Indro Montanelli e l’attentato delle Brigate Rosse. Il ritorno al Corriere della Sera
Il 2 Luglio del 1977 Montanelli fu vittima di un attentato da parte delle Brigate Rosse che tentarono di gambizzarlo con otto colpi di pistola sparati tra gambe e natiche. Il giornalista, che aveva con sé la pistola, non la estrasse, temendo di essere ucciso, ma si aggrappò al cancello dell’hotel dove risiedeva per non cadere rovinosamente al suolo. Il fatto suscitò un ampio riscontro mediatico. Il nome di Montanelli rimbalzò su quasi tutti i quotidiani in Italia.
Dieci anni dopo, nel ’97, Montanelli incontrò i suoi assalitori pubblicamente, perdonandoli per quanto gli avevano fatto. In un articolo di Repubblica di quel periodo si leggono le parole di Montanelli
«Ora la guerra è finita e tra vecchi nemici si usa brindare. Però se mi avessero ucciso il padre o il figlio non sarei certo qui, ma loro stanno pagando o hanno pagato. Prima o poi riusciranno a venir fuori e quindi hanno diritto al perdono».
Durante gli ultimi anni della sua vita tornò al Corriere della Sera, curando una rubrica dal titolo La Stanza di Montanelli, in cui il giornalista rispondeva direttamente ai suoi lettori.