Si presenta ai nostri microfoni con un inconfondibile accento argentino ed un sorriso, nel più semplice dei modi. Un passato a Rimini, Catania ed in giro per lo stivale intero per Adrian Ricchiuti. La seconda punta argentina, contattato dalla nostra redazione, ci ha raccontato spezzoni della sua carriera con la leggerezza che lo contraddistingue. Un breve excursus all’intero di uno dei calciatori più interessanti ad aver solcato i campi del bel paese, ma non solo.
L’INTERVISTA
Salve Adrian! Parto subito chiedendoti cosa ricordi con più piacere della tua carriera calcistica, qualcosa in particolare?
Ricordo tutto! Anche perché sono partito dall’Argentina. Nel 1992 sono venuto in Italia perché era quello che volevo fare era giocare a calcio. Grazie a Dio ho raggiunto tutte le gioie del mondo proprio giocando a calcio.
Ipotizziamo non fossi mai venuto a giocare a calcio in Italia: in cosa sarebbe cambiata la tua carriera e più in generale la tua vita?
Non vivo di ipotesi. In testa avevo solo quello. Adesso pensandoci bene lo sbaglio è stato di non studiare. Ho cercato con mani e piedi, di fare il calciatore e grazie a Dio ci sono riuscito. Pensando ai giovani di adesso gli dico di studiare e poi di giocare. Il calcio è cambiato molto, cerchiamo tutti d’arrivare in alto: ma adesso è più difficile. Anche a livello economico è cambiato molto. Io penso che bisogna prima formarsi culturalmente, avere una base dietro, e poi tentare di arrivare in alto col calcio.
Passiamo adesso al campo. Al Rimini hai passato i tuoi anni migliori, lo sono stati anche grazie al presidente Bellavista? Che persona era per te?
Ho sempre detto che per me era come un padre, difatti la famiglia mi tratta ancora adesso come un figlio. Era una persona ambiziosa, che voleva bene a questa città a questa squadra e ha tentato in tutti i modi di fargli raggiungere un sogno ancora non raggiunto. Spero che con la nuova proprietà, a piccoli passi, si può fare un opera grande come quella del presidente Bellavista.
Nella tua carriera hai affrontato e giocato con grandissimi giocatori. Mi vengono in mente Ronaldinho, Ibrahimovic, ma anche Barrientos. Una volta lo definisti come il giocatore più forte con cui hai giocato, vero?
Si, un giocatore forte, senza nulla togliere agli altri come ad esempio il Papu Gomez. Per i problemi che ha avuto Barrientos nella sua carriera, rimane per me il giocatore più forte con cui hai giocato.
A proposito di questi grandi giocatori ti chiedo se riusciresti a stilare una tua personale top 11 comprensiva di allenatore. Chi schiereresti?
Ho avuto tanti allenatori forti però il migliore per me è stato Leonardo Arcori nei suoi anni al Rimini. Poi come portieri ho giocato con Handanovic, Andujar… fare la top 11 dei giocatori con cui ho giocato è davvero difficile! Sono stati tutti forti giocatori anche per la mia crescita.
Nella mente di molti c’è uno storico goal che hai segnato in Serie B, sai bene a quale mi riferisco?
Si, un goal storico per il mondo calcistico perché la Juventus in Serie B non ci tornerà mai più. Una soddisfazione sia personale che da dividere con la città di Rimini. Essa rimarrà sempre scritta nell’albo del calcio, quindi è una cosa da condividere con tutta la città. Non avevo mai visto così tanta gente dormire fuori dallo stadio per accaparrarsi il biglietto; è stata una bella giornata di sport.
Parliamo ancora di Rimini. Ti senti più ospite o un cittadino di questa città?
Ormai mi sento un cittadino riminese! È la mia terra adottiva. Spero di dare una mano in quello che sto facendo e di tornare ai livelli che il Rimini si può permettere. A piccoli passi, come dico sempre, sopratutto perché in questo momento a fare dei grandi passi si rischia il fallimento. Il Rimini Calcio sta facendo grandi cose. Sono due anni che sono primi in classifica, quest’anno stiamo dominando la Serie D. Rimini è una città quantomeno la Lega Pro e perché no qualcos’altro.