Paolo, un “depredador” che guida il Perù all’assalto del Maracanà

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Gallese, Advincula, Yotun, Cueva e soprattutto Guerrero. Sono gli uomini simbolo di un inatteso Perù finalista della Copa America 2019.

Contro i padroni di casa del Brasile – al Maracanà – le speranze di successo sono ben poche, ma la Blanquirroja arriva all’atto finale – nel 1975 vinse – senza nulla da perdere e sapendo di tornare a Lima in modo eroico in ogni caso. Il 1950 ed il 2014 sono invece lì a ricordarci che il Brasile potrebbe avere qualche intoppo nelle manifestazioni calcistiche in casa con l’obbligo di vincerle. E’ pur vero che l’Argentina è stata battuta al nefasto “Mineirào”.

Per il resto, le due squadre si sono già trovate nel girone eliminatorio, ma mai in una finale, e il risultato è stato inequivocabile: 5-0,  col Perù qualificato da terzo, salvato poi dal VAR e vittorioso ai rigori con l’Uruguay. La svolta è stata data dalla lezione di calcio inferta ai favoriti bicampioni del Cile, con tanto di Gallese – ripresosi ampiamente dai due gol regalati proprio ai brasiliani – che ha chiuso la serata umiliando  un arrogante Vargas dal dischetto.

E dire che la sorpresa c’è stata. ma fino ad un certo punto dato che agli scorsi Mondiali di Russia – dopo 36 anni – il Perù c’era, ma il Cile no. Ma la guida degli uomini di Gareca resta lui, “el depredador” Guerrero, nato iin Perù ed amato in Europa esattamente come campioni quali Farfan e Claudio Pizarro.

Guerrero: il “Paolo” alla guida del Perù

Classe 1984, sarà difficilissimo rimpiazzarlo. 36 reti in nazionale, capocannoniere della Copa America del 2011 e in coabitazione con Vargas nel 2015, Guerrero è il terzo giocatore sudamericano più anziano ad aver segnato in un mondiale, in Russia, contro l’Australia. Un mondiale – quello russo – a cui Guerrero non avrebbe neanche preso parte se i capitani delle squadre inserite nel girone col Perù – Australia, Francia e Danimarca – non avessero chiesto con una lettera che fosse sospesa la sua squalifica per doping; squalifica, poi terminata di scontare poche settimane fa.

Ha messo la firma d’autore anche nella partita vinta per 3-0 contro i cileni. Domenica – alle 22 italiane – cercherà di guidare i suoi in un’impresa che pare titanica. Intanto va ricordato che nel 2011 ha contribuito con una tripletta alla conquista del terzo posto contro il Venezuela.

Ma nel suo nome c’è marchiato l’istinto del gol. Non si chiama Pablo o Paulo. Si chiama Paolo, perché suo padre si innamorò di Paolo Rossi.  Lo stesso “Pablito”, l’anno scorso aveva commentato: “Di sicuro non si è ispirato alla partita che ho giocato contro il Perù”.

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