Esclusiva – Pasquale Iadaresta: “Il Bari merita la Serie A. Mignani persona eccezionale. L’esordio a San Siro un sogno”


La nostra intervista in esclusiva a Pasquale Iadaresta

Abbiamo intervistato Pasquale Iadaresta, nel’ultima stagione alla Palmese, ma che ha vestito anche le maglie di Siena, Latina. Foggia e Bari tra le altre. Si è parlato dell’esordio a San Siro da brividi, di Mignani attuale allenatore del Bari ma anche del futuro del calcio.

L’ultima stagione l’hai trascorsa nella Palmese, che campionato è stato?

Dopo tanti anni ho deciso di tornare a giocare in Campania perchè vivo a Caserta, la scelta era ricaduta sulle squadre campana, avevo scelto la Puteolana dopo poche partite sono andato alla Palmese una società che mancava da tanto tempo dalla Serie D, con un passato glorioso. Ho trovato una società seria e persone perbene eravamo in lotta per i primi posti all’inizio del campionato, nel finale siamo arrivati con il fiato corto.

Cosa farai nella prossima stagione?Hai avuto contatti?

Voglio giocare ancora e togliermi qualche soddisfazione, perchè sto bene mentalmente e fisicamente, ho trovato un equilibrio extracalcistico e vorrei divertirmi ancora. Ho avuto contatti con alcune società ma non ho fretta di  scegliere. Rimarrei volentieri alla Palmese perchè mi sono trovato bene.

Hai giocato a Bari, come ti sei trovato? Il Bari riuscirà ad andare in Serie A?

Ho avuto la fortuna negli ultimi sei anni di giocare a Latina, Bari, Foggia, Lucchese e Picerno tutte squadre che sono state promosse in Legapro. Il Bari è stata una tappa bellissima della mia carriera, siamo ritornati nel professionismo. Hanno  un pubblico eccezionale, nel’ultima partita di Serie D erano in 30000. Domenica sarò a Bari a vedere la finale, saranno più di 50000, meritano la Serie A, i tifosi rendono magica ogni partita.

A Lucca come ti sei trovato?

Conosco molto bene la Toscana, a Lucca mi sono ritrovato nel mercato di Dicembre, eravamo a 10 punti dal Prato,  ed abbiamo chiuso il campionato al comando, segnai il gol decisivo per la promozione. Lucca è una bellissima città, peccato che sia durato poco, in quel periodo andavo a vedere le partite del Pisa.

Qual’è stato il giocatore  più forte con cui hai giocato?

Io ho avuto la fortuna di giocare con giocatori forti, ho giocato con Chiesa, Locatelli, Igor Tudor, Legrottaglie, Portanova ma soprattutto con  Brienza che poi ho ritrovato a Bari. o giocato anche con chi non ha avuto la fortuna di andare in A e che magari lo avrebbero meritato, tipo Emanuele  Esposito, Roberto Floriano un ragazzo eccezionale mi ha colpito per la sua forza, ma anche Galasso era forte.

Hai rimpianti nella carriera?

Non ho rimpianti, ho avuto una carriera altalenante perchè dopo un inizio promettente ho fatto tanta gavetta e forse è stato il modo sbagliato. Ho avuto grandi soddisfazioni ho giocato in città e piazze importanti. Avrei preferito prima fare la gavetta quella vera perchè è più formativo per i giovani.

Hai esordito a San Siro, come ci si sente a giocare in quello stadio?

Io da milanista devo dire che è stato il coronamento di un sogno, nel riscaldamento tiravo sempre in porta  e i giardinieri mi richiamavano dicendomi di non tirare perchè rovinavo il campo. C’erano 50000 persone, ho giocato contro ll?Inter di Mancini che avrebbe vinto tanti scudetti. A San Siro è come se tu andassi a teatro, da milanista avrei voluto vincere ma non c’è stata la possibilità

Hai giocato con Mignani e Vergassola ai tempi del Siena.

Ci vediamo ancora, l’anno scorso a Bitonto ci incontravamo in albergo dove cenavamo insieme. E’ una persona perbene. un allenatore che  sta dimostrando sul campo il suo valore. CHi è il capitano di una squadra qualche dote ce l’ha, dopo la gavetta ha colto i frutti di un grande lavoro.

Come ti vedi dopo che avrai appeso gli scarpini al chiodo.

Io sono un avvocato ed esercito l’attività, a Gennaio ho preso l’abilitazione. Mi piacerebbe essere una figura dirigenziale, devo trovare la scrivania giusta.

Cosa manca al calcio italiano e ritornare ai livelli di trenta anni fa?

Da piccolo andava a vedere le partite per osservare un giocatore, tipo Baggio o Del Piero che erano fonti di ispirazione. Oggi non ci sono quei tipi di giocatori simbolo, sembra che ci siamo un pò colonizzati, siamo tutti uguali. Abbiamo perso molti specialisti. Non abbiamo ad esempio i trequartisti e su questo bisogna riflettere. Dobbiamo tornare a coltivare il talento.

 

 

 

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