Dopo l’ultima chiacchierata di un anno fa, Daniele Pagani torna ai microfoni di Magazine Pragma per una nuova intervista. Prima l’esperienza in proprio con La Gazzetta di Don Flaco, ora l’impegno in qualità di storyteller per l’Udinese, a dimostrazione di un percorso di crescita fatto di step graduali ma in cui si intravede la voglia matta di lasciare un’impronta nel mondo del giornalismo sportivo. I tempi cambiano, rimane però invariata la sua passione (e competenza) per il calcio sudamericano. E quindi, tra finale della Copa Libertadores che si avvicina ed il Mondiale Under 17, erano tanti i temi su cui poterlo interrogare in questi giorni. Senza dimenticare chiaramente la Serie A, dove i sudamericani di cui parlare certo non mancano. Ebbene, cominciamo subito.
Daniele Pagani e la Serie A: tra Muriel, Rigoni e De Paul
Ciao Daniele! Partiamo subito con un nome: Luis Muriel. Nove reti in campionato finora, a dimostrazione che la seconda parte di stagione a Firenze dell’anno scorso giocata ad alti livelli non è stata un caso isolato. Quando tornerà Duván Zapata lo vedremo ancora con questo minutaggio, o assumerà nuovamente le vesti del panchinaro di lusso?
Ciao Nicola, un piacere come al solito. Muriel sta vivendo un ottimo momento, ci costringe a chiamarlo campione ammaliandoci con la sua classe. La seconda parte della scorsa stagione vissuta con la maglia della Fiorentina sembra avergli restituito una consapevolezza maggiore, di sé stesso e soprattutto di quello che può regalare ai nostri occhi sul rettangolo verde. L’infortunio rimediato da Duván gli ha sicuramente permesso di trovare maggior spazio, ma in una squadra come l’Atalanta non sussiste più di tanto il fattore della titolarità: quest’anno, per la prima volta, stanno affrontando tre competizioni, e pur uscendo dai gironi di Champions League potrebbero comunque ritrovarsi a disputare l’Europa League. Non varierebbe la sostanza. Credo che Muriel sia stato un investimento di mercato volto ad alzare l’asticella nel reparto avanzato di Gianpiero Gasperini. Non un semplice comprimario dei titolari, dunque, ma piuttosto un giocatore in grado di fornire alla squadra le medesime certezze. Quando si gioca a certi livelli avere la coperta lunga è un fattore indispensabile per un allenatore che pretende di far bene su tutti i fronti. Muriel, in quest’ottica, non può esser considerato una sorpresa. Sta giocando in un sistema ben collaudato, con dei principi di gioco chiari e ormai inculcati nei suoi interpreti. L’ottimo rendimento di Luis, a mio avviso, deriva soprattutto da questi ingredienti. Idee chiare e una ritrovata fiducia.
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Al contrario invece, inizio di stagione sottotono per Rodrigo De Paul, di cui dicevi un gran bene nell’intervista di un anno fa (che potete leggere qui, ndr.). Come ti spieghi questo calo?
Rodrigo viene da una stagione importante in termini numerici e di risultati, dove ha contribuito alla salvezza dell’Udinese con 9 reti e 7 assist, prima di prendere parte alla scorsa Copa América. Stiamo parlando di un giocatore di indiscutibile valore tecnico, che come tanti potrebbe aver risentito di un calo atletico, al netto dei molteplici impegni a cui adempiere. Alla prima giornata di campionato non appena entrato in campo ha messo a referto il primo assist, la settimana scorsa ha dato il via ad una grande rimonta contro il Genoa, poi messa in cassaforte dai gol di Sema e Lasagna. Udine lo ama, lui ama Udine, tant’è che ha rinnovato il suo contratto con i bianconeri, non molto tempo fa. Sono certo che nell’arco di tutta la stagione riuscirà ad essere incisivo e determinante come suo solito. Rodrigo resta uno dei migliori talenti che la Serie A ha da offrire ai suoi spettatori, senz’ombra di dubbio.
Un altro ragazzo che non sta rendendo al massimo è sicuramente Emiliano Rigoni: pensi che non sia riuscito ad adattarsi al nostro calcio, oppure è semplicemente questione di tempo?
Parlando del rendimento di Emiliano credo si incorra nel rischio di sfociare in un riduzionismo. Per quanto mi riguarda credo sia un calciatore talentuoso, ma ancora limitato a fuggenti lampi di genio. Eppure sul piatto della bilancia credo sia importante valutare anche il fattore ambientale e la brutta aria che aleggia sulla sponda blucerchiata di Genova: con gli avvicendamenti societari riguardanti la posizione di Ferrero, quelli in panchina con il passaggio di testimone da Di Francesco a Ranieri. Nei primi turni di campionato non ho visto affatto una Sampdoria scarsa, bensì impaurita, con gli stessi giocatori intimoriti dalla sola idea di sbagliare un passaggio. Ma tornando a Rigoni: di qualità ne ha. Anche in abbondanza, direi. Nella sua breve parentesi all’Atalanta ha dimostrato di poter essere una scheggia impazzita, pur avendo svolto principalmente un ruolo da comprimario. Mi piacerebbe non poco vederlo all’opera in una squadra più stabile, e più rodata nelle idee di gioco, come il Parma o il Cagliari, giusto per citare un paio di esempi.
Daniele Pagani: una finale di Libertadores dal pronostico complicato
Immancabile una domanda sulla Libertadores, la cui finale verrà giocata dal Flamengo e dal River Plate. Sono state effettivamente le squadre più forti durante tutto il cammino oppure ti verrebbe da dire che qualche altra squadra avrebbe meritato di più? Chiaramente voglio uno dei tuoi pronostici, magari con un risultato esatto o un primo marcatore…
Lanciarsi in un pronostico su questa finale potrebbe risultare estremamente audace: sia River Plate che Flamengo sono un elogio al bel calcio, probabilmente il meglio che il fútbol sudamericano ha da offrirci in questo momento storico. Da una lato abbiamo una squadra esperta di finali e predisposta alle manifestazioni continentali come il River, dall’altra un gruppo formato da giocatori dalla qualità nettamente sopra la media, timonati da un allenatore navigato come Jorge Jesus, che ha ogni merito nell’aver dato una forma e un’identità ai rubronegros. Sicuramente le due compagini, durante il loro cammino fino alla finale, hanno dimostrato di essere le migliori. Non credo si possa sindacare più di tanto su Gabigol o Palacios, su Bruno Henrique o Ignacio Fernández, su Filipe Luis o Santos Borré. Il coefficiente di talento è talmente alto che chiunque potrebbe rendersi protagonista di questa finale. Jesus e Gallardo sono due meravigliosi esteti del calcio, ma anche due duellanti assai pragmatici. Mi sento solamente di dire che sarà la finale più entusiasmante dell’ultimo decennio, forse anche più di quella scorsa, quella del doppio Superclásico.
Daniele Pagani, Mondiale Under 17: la lista dei possibile craques futuri
Avrai sicuramente seguito l’Argentina sub-17 al Mondiale di categoria: c’è qualcuno che ti ha già colpito particolarmente nella Selección albiceleste?
Ovviamente sì, il Paraguay agli ottavi ha meritatamente avuto la meglio sui pibes di Aimar, che resta comunque il primo ad avermi colpito nei panni di dt. Matías Palacios del San Lorenzo, Matías Godoy del Rafaela e Bruno Amione del Belgrano sono dei talenti che hanno già una discreta fama al di fuori dei confini nazionali. Quest’ultimo in particolare l’estate scorsa è stato molto vicino al Genoa, che lo avrebbe acquistato in sinergia con l’Inter, ma purtroppo ha risentito di un grave infortunio. Conosco bene il killer instinct di Juan Krilanovich del Lanús, le qualità difensive di Lautaro Cano del Vélez e il piede al cashmere di Juan Sforza del Newell’s. In ogni caso talenti del calibro di Exequiel Zeballos, di Francisco Flores o Luciano Vera non rappresentano certo un mero contorno, se paragonati coi loro compagni menzionati testé. L’Argentina curiosamente ai nastri di partenza del Mondiale era la gran favorita per la vittoria ma, nonostante un ventaglio di scelte decisamente ampio, ha dovuto salutare anzitempo la competizione. Un vero peccato, che in ogni caso né esacerba né mette in discussione il talento assoluto dei pibes di questa Selección.
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Più in generale, per le altre squadre sudamericane impegnate nella competizione, chi vedi come possibile craque del futuro?
Nel Messico mi ha restituito un’ottima impressione Efraín Álvarez dei Los Angeles Galaxy, capace di mettere a referto 3 gol e 2 assist durante la fase a gironi. Nel Brasile padrone di casa stanno facendo faville Talles Magno del Vasco e Kaio Jorge del Santos, così come Daniel Cabral del Flamengo, Henri Marinho del Palmeiras e Patryck del São Paulo. La mia menzione d’onore, però, questa volta, è tutta per il paraguayano Rodrigo López del Libertad, autore di 4 assist fin qui: ha una rapidità di gambeta tremenda e un’attitudine all’ultimo passaggio di gran classe. L’Ecuador ha qualche talento piuttosto brillante ancora da svezzare, come Johan Mina e Piero Hincapié, Erick Pluas e l’ecclettico Pedro Vite. Javier Rodríguez ha fatto un ottimo lavoro con la squadra, ha saputo trasmettere ai ragazzi ogni sua singola idea di gioco, che si compone di velenosi ribaltamenti di fronte e ordine nelle retrovie. Non a caso solo una meravigliosa perla di Oristanio ha permesso all’Italia di averne ragione.
A proposito di Italia. Pensi sia stato un peccato non vedere all’opera Sebastiano Esposito? Oppure lo preferisci, seppur da comparsa almeno per il momento, nell’Inter di Antonio Conte?
Reputo la decisione dell’Inter ponderata e quanto mai logistica, soprattutto considerando le lunghe tempistiche di recupero di Alexis Sánchez, dopo l’infortunio con il Chile. Sebastiano ha la tempra e il carisma degni del fuoriclasse, uniti a un agonismo straordinario ma mai esuberante all’eccesso. Per caratteristiche penso fermamente sia il calciatore che più di tutti rassomigli a Totti, senza esagerare. Come per ogni talento ci vorrà del tempo perché, come dico sempre, il tutto e subito rappresenta un concetto inapplicabile al gioco del calcio, ma il ragazzo ha tutte le carte in regola per far bene. Conte pian piano gli sta concedendo il giusto spazio, e lo sta indottrinando nel suo sistema di gioco, anche perché la personalità e il carattere di certo non gli mancano. Gutta cavat lapidem.
Ringrazio Daniele Pagani a nome di Magazine Pragma per questo nuovo contributo.