Fellini Satyricon è un capolavoro cinematografico diretto dall’indimenticabile Federico Fellini
Se uno spettatore si accomoda in poltrona per capire la trama di Fellini Satyricon, o semplicemente Satyricon come lo chiamano all’estero, bèh secondo il mio modesto avviso è sulla strada sbagliata.
La pellicola lascia tanti spunti su tanti argomenti attuali oggi, quanto ai tempi del lavoro (1969) e ai tempi dell’ambientazione (I secolo d.c.).
Semplificando, la trama narra di due giovani, Ascilto ed Encolpio, che sono due vagabondi dell’impero romano nella sua fase decadente. Le storie si svolgono tutte attorno a loro ed hanno come co-protagonista il giovane Gitone, ragazzo ambito da tutti per le sue grazie, e che in principio i due amici condividevano. Encolpio, in particolare, soffre la scelta iniziale di Gitone (che gli preferisce l’amico Ascilto) e vive storie travagliate in ambienti, che definire perversi e al limite della dignità umana è davvero poco. Violenze carnali, rapimenti, semidei, malati terminali, poeti di dubbia preparazione, soprusi. Non manca davvero nulla della peggiore Roma in decadenza. Personaggio secondario, ma che da un senso di ribellione ma allo stesso tempo di adeguamento allo stile di vita narrato, è il poeta Eumolpo, che nel finale ritorna importante per i giovani protagonisti.
Le storie rappresentate, in uno stile teatrale greco-romano, creano un’ansia allo spettatore che si trova in ogni scena a vivere più stati d’animo contrapposti fra loro.
Lo spettatore è dapprima estraneo alle situazioni che si presentano in video, poi viene rapito e si schiera a favore del protagonista momentaneo della storia in scena, infine viene letteralmente vomitato nel finale. Questo sballottamento si ripete scientificamente, ma con tecniche diverse, ad ogni scena del film e lascia lo spettatore esterefatto e disgustato di fronte a quanto vede e, probabilmente, non riesce a sintetizzare per se.
Il senso finale è uno stato d’animo sbattuto e una sensazione molto simile alla nauesa di chi soffre la nave o l’auto in viaggio. Ma quando tutto finisce, gli spunti che Fellini Satyricon lascia allo spettatore sono davvero tanti.
Quello più evidente è legato alla sessualità, dove in un’epoca ancora non cristianizzata, e comunque non religiosa, come quella dei nostri giorni, lascia un senso di infedeltà e ricerca sessuale davvero inquietante. L’istinto vince su tutto. Non c’è distinzione tra donne, uomini, bambini, adolescenti, malati, persone magre o grasse. Una sessualità lasciata all’istinto puro.
Sarà lo spettatore a scegliere per se la propria morale.
Il culmine, secondo il sottoscritto, si ha nella scena della donna vedova, che “tradisce” il marito appena defunto con un uomo che faceva la guardia ad un corpo impiccato nei paraggi. C’è tutto. Dolore, passione, amore, tradimento.
Altro aspetto inquietante, istintivo e primordiale, è il legame che c’è con la morte. Morire è rappresentato in Fellini Satyricon come una delle cose più normali che esistano e come il rimedio naturale a tutto quanto accade nella società. La vita è un valore da difendere come puro istinto, ma se le esigenze lo richiedono la si può contrattare con la felicità o la sessualità.