Freud – Tra le serie Netflix più viste in queste settimane di quarantena, spiazza completamente lo spettatore utilizzando di fatto il nome del padre della psicanalisi per condurlo in una commistione di generi che lascia più di qualche perplessità.
Freud, trama
Ritroviamo a Vienna nel 1886 il trentenne Sigmund Freud (Robert Finster) il cui lavoro è osteggiato dalla medicina ufficiale, schiavo della cocaina (della quale sosteneva gli usi terapeutici) e in una relazione alle porte del matrimonio con la sua Martha.
Il compagno Arthur Schnitzler lo trascina in party aristocratici mentre avvengono sanguinosi omicidi sui quali indagherà con l’ausilio della medium Fleur Salomé (Ella Rumpf) e del poliziotto Alfred Kiss (Georg Friederich).
Recensione
Coproduzione che vede Netflix al fianco di ORF, prima rete televisiva austriaca, a tratti risulta un pasticcio troppo variegato di molteplici tematiche e generi.
Sgombriamo immediatamente il campo da un facile equivoco: non si tratta di un biopic classico, né probabilmente di un prodotto biografico vero e proprio. Ognuna delle otto puntate è intitolata con un termine proprio degli studi di Freud (isteria, trauma, sonnambulismo, totem e tabù, desiderio, regressione, catarsi e rimozione) e ogni sigla di apertura presenta delle varianti grafiche inerenti al tema.
Non convince il Freud investigatore, diretto dalla regia dai chiari influssi orrorifici di Marvin Kren (anche coautore della sceneggiatura), che lascia poco all’immaginazione quando c’è da occuparsi di violenza. E tutto questo guadagna talmente tanto il centro della scena che la figura del celebre neurologo sembra man mano sparire e sfumare in qualcosa di diverso.
Non ci sarebbe nessun problema se anche sul livello del puro intrattenimento la serie non mostrasse la corda. Si salvano le scenografie e i costumi ma le derive di una trama eccessivamente surreale e confusionaria mettono a dura prova l’interesse dello spettatore.
La serie mette impavidamente insieme, romanzando ampiamente la vita di Freud con una cifra visiva dark tra noir ed espressionismo, paranormale, splatter spinto, mistero, sessualità, riti satanici, schermaglie tra Ungheria e Impero austriaco, horror e infine psicanalisi spicciola.
Il personaggio della medium Fleur pare proprio ispirarsi alla scrittrice e psicanalista russa Lou von Salomé, con la quale Freud ebbe in effetti uno scambio di lettere. Per il resto abbondano manipolazioni della realtà fini a sé stesse con libri che Freud non ha mai scritto (vedi il fantomatico “Il potere dell’ipnosi”) e incongruenze storiche come la morte di Elisabetta di Baviera, nota come Sissi, che precede quella del principe ereditario Rodolfo.
Tutto ciò che è scienza deve cedere il passo e a questo punto viene da pensare che l’utilizzo della figura di Freud serva più che altro da traino. E di conseguenza la domanda sorge spontanea: non sarebbe stato più interessante inscenare la reale biografia di Freud alle prese con la genesi delle sue celebri tecniche?
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