Un film divertente ed emozionante, straordinariamente brillante nello sbeffeggiare il nazismo e i luoghi comuni sulla (presunta) diversità in generale
Sono tanti i motivi per i quali Jojo Rabbit sta conquistando il pubblico di tutto il mondo. Parliamo di un film che sa far ridere e commuovere in grande stile, con un giovane protagonista bravissimo, ben girato e fotografato e con dialoghi originali e graffianti al punto giusto. La sua genuinità riporta facilmente alla memoria “La vita è bella” di Roberto Benigni e “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin ma in questo caso emerge con chiarezza il passato da comico del regista Taika Waititi nei tempi, nelle battute e nei cambi di ritmo. E anche l’intenzione di arginare le derive di estrema destra proprie della nostra epoca.
Jojo Rabbit – La trama
Abbiamo già accennato al brillante protagonista, Roman Griffin Davis, miglior giovane interprete ai Critics Choice Award 2020, che interpreta il piccolo Jojo, dieci anni, cresciuto col mito del nazismo. Con suo padre bloccato al fronte diventa centrale la figura del suo amico immaginario, una versione bizzarra di Adolf Hitler (Taika Waititi), mentre sua madre (Scarlett Johansson) prova a liberare segretamente la Germania dal suo dittatore e nasconde in casa una ragazza ebrea di nome Elsa (Thomasin McKenzie). L’incontro-scontro di quest’ultima con Jojo darà vita al corto circuito che permea di sé il film e rappresenterà lo spunto decisivo per ridicolizzare le follie naziste sulla diversità degli ebrei. Detto questo va però evidenziato che la morale ultima dell’opera è principalmente orientata verso l’accettazione del diverso e l’abbattimento dei pregiudizi.
Recensione
Ben sei le nomination ai prossimi premi Oscar (film, scenografia, costumi, montaggio, sceneggiatura non originale e miglior attrice non protagonista a Scarlett Johansson, che per “Storia di un matrimonio” corre anche per la migliore attrice protagonista) per questo lungometraggio, tratto dal romanzo “Come semi d’autunno” scritto da Christine Leunes. La Germania ai tempi della Seconda Guerra Mondiale viene raffigurata per come realmente appariva e cioè elegante e dai colori vivi.
Meritano una menzione anche la caratterizzazione del personaggio del capitano gay Klenzendorf (Sam Rockwell, in questi giorni al cinema anche con “Richard Jewell”) e la scena dell’ispezione della Gestapo guidata dall’agente interpretato da Stephen Merchant, in cui a cantilena e a mo’ di sfottò viene ripetuto oltre trenta volta il canonico “Heil Hitler”. D’altronde il regista ebreo Waititi sceglie l’ironia sagace per distruggere Hitler.
Grande attenzione viene posta anche sulla colonna sonora del film, con l’happy end finale in cui Jojo riesce a scalciare via l’influsso del suo amico immaginario e comincia a ballare con Elsa sulle note di Heroes di David Bowie. Questo brano del Duca Bianco inneggia proprio all’amore di una coppia divisa dal muro di Berlino. La canzone, proprio come “I want to hold your hand” dei Beatles, ci viene fatta ascoltare in versione tedesca. Tirando le somme, si ride di gusto ma si riflette anche sull’assurdità e sugli orrori della guerra e del nazismo, in un film che Taika Waititi riesce a marchiare con un suo stile e una sua cifra originale, facendo capolino nelle vesti di attore in maniera misurata anche se ricca di verve.