L’immortale: trama e recensione

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“Ciro è vivo? Ci sarà in Gomorra 5?”. Sono le domande che circolano da un bel po’ tra gli appassionati della celebre serie.

Marco D’Amore, cosceneggiatore, regista e protagonista del film “L’immortale” a questo punto può rispondere affermativamente dopo aver faticato non poco in questi mesi per non far trapelare indiscrezioni. Proprio lui ci tiene a precisare però che non siamo di fronte né a uno spin-off, né a un prequel di “Gomorra – La serie”, ma ad un capitolo che si inserisce all’interno della storia. Dopo aver diretto due episodi della quarta serie di “Gomorra” il suo esordio dietro la macchina da presa per quanto riguarda il cinema è lineare, con diverse inquadrature composte in maniera sapiente.

Il film è incentrato sulle vicende di Ciro Di Marzio in seguito al finale di Gomorra 4, in cui Gennaro Savastano gli ha sparato in una scena che è rimasta negli occhi di molti e che tanti appassionati ha gettato nello sconforto. Per l’immortale è necessario dietro suggerimento di Don Aniello scappare in Lettonia, dove si troverà in mezzo a una guerra tra lettoni e russi che si contendono il mercato della droga. Accanto a lui ci sarà Bruno, colui che lo ha iniziato alla malavita in tenera età e al quale lo legano ricordi controversi. Di tanto in tanto c’è spazio per i flashback sull’infanzia di Ciro, a partire dal terremoto napoletano del 1980 che lo ha visto sopravvivere miracolosamente, passando per la sua infanzia criminale in una città addobbata a festa per gli scudetti del Napoli fino ad arrivare al suo incontro con don Pietro Savastano (interpretato da Fortunato Cerlino nella serie, che non compare in questo lungometraggio).

Il vero castigo per il dannato Ciro Di Marzio è rappresentato dal dover restare in vita, una vita in cui non ha più niente e dove nulla ha più senso. Per questo motivo aveva chiesto a Gennaro Savastano di ucciderlo eppure è ancora lì a fare l’unica cosa che sa fare.

Tra il cast emergono una spanna sopra gli altri Salvatore D’Onofrio e Marianna Robustelli. I due interpretano gli unici due personaggi un po’ più scavati e approfonditi insieme a Virgilio, che in Lettonia si occupa di capi d’abbigliamento contraffatti.

Ciro l’immortale se ne sta lì sornione per la prima mezz’ora del film, che ha un ritmo compassato alla stessa stregua di molti episodi di Gomorra 4. Ma è chiara l’intenzione di D’Amore di distaccarsene almeno in parte, sin dalla fotografia e dai colori, e di imprimere un proprio marchio di autore. Poi la storia comincia a decollare, l’intreccio ben congegnato mantiene l’attenzione alta fino ad un finale che riesce a sorprendere almeno in parte. La vera forza di tutta l’operazione Gomorra, qualità produttiva a parte, sta proprio nel dipanarsi della storia, sebbene aver lasciato in vita un personaggio sparato al cuore non convinca fino in fondo. Ma l’interesse e l’entusiasmo per il personaggio di Ciro Di Marzio è stato tale che in molti saranno comunque favorevoli al suo nuovo ingresso in scena, la cui ombra si allungherà sulla stagione conclusiva di Gomorra.

La risposta notevole del pubblico al botteghino è un segnale emblematico, degno di nota soprattutto per un film che non è una commedia. La scena finale de “L’immortale” è concepita ancora una volta per far crescere l’hype e si dissolve sul nero proprio quando Ciro e Gennaro Savastano si rincontrano. Il cerchio sta per chiudersi in maniera definitiva ed epica, anche se ci sarà ancora un po’ da attendere.

 

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