Pinocchio, trama e recensione

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Il Pinocchio di Matteo Garrone è innanzitutto un film vero pur nel suo mettere in scena una favola fantastica. Gli stessi colori poco saturi spingono verso questa direzione e fuori dal fiabesco classico. Trasuda infatti principalmente vita vera dal legno di cui è fatto il protagonista burattino, così come da Geppetto viene fuori un realismo intriso di fame nera e di stenti.

Difficoltà messe subito da parte quando, dopo che la sua creatura ha preso vita, il falegname corre tra le case per urlare a tutti che gli è nato un figlio. Perché alla fin fine di questo si tratta: ne viene fuori essenzialmente una storia d’amore tra un padre e un figlio, leggera eppure piena di contenuti di spessore, venata da un umorismo di grande qualità.

Come era nelle intenzioni di Garrone il film riesce ad arrivare a tutti grazie alla costruzione su vari livelli, tra i quali non si disdegnano spruzzate di satira. Ecco che nella scena del tribunale il giudice-gorilla di Collodi esclama: “In questo paese chi è innocente va in prigione”. E Pinocchio per essere finalmente rilasciato deve inventarsi due o tre furtarelli.

Pinocchio di Matteo Garrone

Pinocchio di Matteo Garrone, un cast d’eccezione

Pur essendo retto in gran parte dal piccolo Federico Ielapi, che ogni giorno per tre mesi ha trascorso pazientemente ben quattro ore al trucco, il film può contare su un cast di tutto rispetto. A cominciare naturalmente da Roberto Benigni (Geppetto), protagonista di una performance brillante e misurata, con Garrone che ne ha saputo contenere la grande esuberanza a beneficio della storia. Invecchiato e poverissimo, l’attore è apparso a suo agio in un ruolo riadattato anche alle sue corde comiche. Il Mangiafuoco di Gigi Proietti fa la voce da orco ma poi si commuove e starnutisce; in sua presenza Pinocchio compie il suo primo gesto d’amore salvando Arlecchino. L’ingordigia e la falsità degli uomini sono ben rappresentati dal gatto e dalla volpe di Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini. Un certo sbilanciamento in questo caso è evidente, con il toscano che con la sua esplosività offusca il lucano. Spicca Maria Pia Timo nei panni della cameriera lumaca della fatina (da adulta impersonata da Marina Vacth, da bambina da Alida Baldari Calabria): seguono a ruota Massimiliano Gallo (il direttore del circo) e Davide Marotta (il grillo parlante).

L’estrema cura della messa in scena e dell’immagine può contare sul mix di effetti digitali e di protesi del truccatore Mark Coulier, due volte Oscar, e sulle gradevolissime musiche di Dario Marianelli (anche lui vincitore di una statuetta per il film “Espiazione”).

Pinocchio di Matteo Garrone, la bellezza delle immagini lascia a bocca aperta gli spettatori

Chi si aspettava un Pinocchio spiccatamente dark come il cinema passato di Matteo Garrone poteva far supporre è costretto a ricredersi. Escluse, si intende, le scene abbastanza crude degli assassini, dell’impiccagione di Pinocchio e della sua trasformazione in asino. Prevalgono invece i toni della commedia, la voglia di raccontare abbastanza fedelmente l’opera di Collodi e di far divertire grandi e piccini.

Ciò che manca di più è forse la scintilla dell’emozione, la capacità (o in alternativa la volontà) di commuovere il pubblico, lasciato più che altro a bocca aperta dalla bellezza delle immagini. Detto questo Garrone si conferma grandissimo regista e affabulatore, capace di viaggiare tra i generi e di plasmare a suo piacimento il talento di grandi interpreti.

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