A proposito di Davis: un film e una colonna sonora


L’ultima pellicola dei fratelli Coen: il folk dei perdenti

Ambientato negli anni Sessanta sullo storico scenario del Greenwhich Village, la sceneggiatura (sempre a firma dei Coen) è ispirata a “Manhattan Folk Story” del cantante e chitarrista Dave Van Ronk,  interpretato da Oscar Isaac.

Il film viaggia a ritmo della musica folk: lento, riflessivo, introspettivo ma non rilassante come molti dei brani inseriti nella pellicola, non può essere considerato neppure -alla stregua di The Butler- un viaggio nella Storia americana a cavallo tra gli anni delle Sandra Dee di buona famiglia e la rivoluzione che ebbe il volto di Martin Luther King, di John Fitzgerald Kennedy e il sound eversivo dei Beatles e dei Rolling Stones.

Più semplicemente, si narra la storia di un folk singer di un certo spessore, che ha avuto il torto di nascere nel momento sbagliato, a pochi passi temporali dall’uomo che ha permesso alla musica folk di rinnovarsi, di entrare nella modernità e di liberarsi dalla scomoda etichetta di musica “di nicchia”; parliamo di quel giovane talento, originario del Minnesota proprio come i Coen -lui si un menestrello dei giorni nostri- quel ragazzo macilento che seppe chiedersi e chiedere ai raggazzi della sua generazione “quanta strada deve percorrere un uomo, perchè lo si possa definire tale?” e la risposta “sta ancora soffiando nel vento”.

 

Meritevole lo spunto, nella sceneggiatura, che riguarda il dolore e il senso di colpa di Llewyn nei confronti del compagno con cui duettava, morto suicida; ma è un tema appena accennato, non assume spessore nel corso del film, sostituito da tutti gli altri problemi che piovono addosso al protagonista, perennemente in bolletta, continuamente contrastato dalla famiglia e che fallisce gli ultimi tre obiettivi possibili, per lui: superare il provino con Bud Grossman (Murrey Abraham), mollare la chitarra per tornare nella Marina mercantile e svoltare a destra per conoscere un figlio che non sapeva di avere.

Neanche il viaggio con un antipaticissimo ma sempre riconoscibile John Goodman lo aiuta a scegliere, nè l’incontro con Pappi Corsicato nelle vesti del proprietario del Gaslight cafè lo convincono ad assumere le redini della propria vita: i colori spenti che lo spettatore vede scorrere sullo schermo sono gli stessi dell’animo di Llewys-Dave, che ha, però, avuto il merito di aver cantato il folk con una  carica emotiva struggente.

Ascoltare per credere, e non storcano la bocca i puristi della lingua: l’accento è quello del Minnesota, non è l’inglese che impariamo a scuola.

Hang me, Oh hang me

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