“Station Eleven”, trama e recensione

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“Station Eleven” – Una pandemia mondiale di influenza fa fuori gran parte della razza umana, con i superstiti che si trovano a dover ricostruire daccapo la società vent’anni dopo.  L’attrice Kirsten Raymonde (Mackenzie Davis/Matilda Lawler) continua a fare il suo lavoro girando con i colleghi della compagnia teatrale “Travelling Simphony”, scoprendo che ognuno è ripartito alla sua maniera, non sempre ortodossa.

“Station Eleven”, recensione

È una serie post-apocalittica e distopica molto particolare quella che sbarca finalmente in Italia attraverso la piattaforma TimVision. Andata in onda per la prima volta su HBO Max nello scorso dicembre, è composta da dieci episodi. Ironia della sorte assoluta: una serie su una pandemia globale, da un romanzo del 2014 scritto da Emily St. John Mandel e adattato per il piccolo schermo in piena emergenza Covid con una lavorazione che è arrivata a durare circa un anno e mezzo.

La serie creata da Patrick Somerville (“Maniac” su Netflix) si proietta oltre una sopravvivenza dei protagonisti ormai acquisita, per concentrarsi invece su una esistenza da ricostruire e sulla tutela dell’arte e della cultura. In questo e in altri fattori la serie presenta una sua originalità, anche se non manca una seconda linea temporale nella quale la pandemia si è appena scatenata. Qui la protagonista Kirsten ha appena otto anni e riceve in dono dall’attore Arthur una grapich novel intitolata “Station Eleven”, che la colpirà nel profondo.

Si va quindi avanti e indietro nel tempo, intrecciando uno script molto articolato che fa sì che il quadro sia veramente completo soltanto ai titoli di coda della decima puntata. “Station Eleven” ha messo d’accordo pubblico e critica perché si sforza di non intrattenere soltanto a livello superficiale, scopo che poteva raggiungere semplicemente minacciando continuamente l’incolumità dei protagonisti. I quali associano il loro essere umani all’arte, componente irrinunciabile che nel loro caso risiede nel teatro.

L’essere umano è tale perché crea, si esprime, comunica, emoziona e si emoziona. C’è in tutto questo una certa poesia, con i dialoghi che spesso prendono il sopravvento sull’azione con ritmi non frenetici, lo Shakespeare messo in scena dalla “Travelling Simphony” che fa capolino a ogni piè sospinto, in una produzione che per questi suoi aspetti potrebbe non essere facilmente digeribile per tutti. Resta l’idea suggestiva di usare la distopia per parlare di un fatto concreto che si manifesta già oggi e cioè il progressivo accantonamento della cultura.

“Station Eleven” è disponibile in esclusiva su TimVision a partire dal 24 giugno 2022.

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