<strong>The Grudge – Disponibile on line per gli amanti del brivido il reboot di un remake horror cult degli anni Duemila: ecco cosa ci ha soddisfatto e cosa un po’ meno.
The Grudge, trama
Anno 2004: Fiona Landers (Tara Westwood) torna di corsa a casa da Tokyo negli Stati Uniti d’America, intimorita da un qualcosa di inquietante. Un anno dopo William (Frankie Faison) vuole accompagnare sua moglie Faith (Lin Shaye), affetta da demenza senile, al suicidio assistito attraverso l’aiuto di Lorna Moody (Jacki Weaver). Nel 2006 l’agente di polizia Muldoon (Andrea Riserborough), che ha perso da pochi mesi suo marito per colpa di un cancro e si ritrova ad accudire da sola un figlio di sei anni, comincia ad indagare con il detective Goodman (Damien Bichir) sulla morte della Moody, ritrovata cadavere decomposto in un auto tra i boschi. Tutto porta al numero civico 44 di Reyburne Drive, dove da tempo accadono eventi macabri.
Recensione
Tutto nasce da “Ju-on”,film a basso costo del 2000 con la regia di Takashi Shimizu destinato all’home video e divenuto poi una saga anche di remake americani. La maledizione originata da chi muore travolto dalla rabbia e che resta sul luogo del decesso incarnandosi chi vi capita ha fatto insomma storia e oggi arriva alla prova dell’ennesimo capitolo in versione on demand. Inevitabilmente film dopo film l’idea e la storia cominciano presumibilmente a mostrare la corda. Tra l’altro il produttore esecutivo, Sam Raimi con la sua Ghost House, è sempre lo stesso del primo remake americano datato 2004 e interpretato da Sarah Michelle Gellar (“Buffy l’ammazzavampiri”).
Il montaggio parallelo di epoche diverse che finiscono per intrecciarsi minuto dopo minuto tiene vivo l’interesse dello spettatore e in quest’opera molteplici personaggi sono ben caratterizzati nella loro umanità e nei loro fantasmi. Forse soltanto il detective Goodman e il buon Bichir che lo interpreta avrebbero meritato un’attenzione maggiore. Oltre all’ottima Andrea Riseborough segnaliamo un’istituzione dell’horror come Lin Shaye e la sempre bravissima Betty Glipin, recentemente ammirata in un ruolo molto più importante in “The hunt”.
La messa in scena voluta dal regista Nicolas Pesce (che firma anche il soggetto con Jeff Buhler e la sceneggiatura) risulta ben costruita nella sua cupezza, finemente fotografata da Zach Geller e ampiamente credibile nell’intricato intreccio. Manca però il guizzo spiazzante, quel colpo di scena che avrebbe innalzato il livello di un film dai ritmi comprensibilmente compassati. E che avrebbe tirato nuovamente a lucido una storia ormai tante volte già raccontata, che in questa edizione probabilmente faticherà a trovare il suo posto in un immaginario inondato da produzioni horror.