“Carnevale sociale” a Napoli: tradizione dei quartieri popolari

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NAPOLI – Quest’anno il Coordinamento del carnevale sociale di Napoli si è cimentato in un percorso di laboratori e attività volti ad unire molteplici quartieri, attraverso il coinvolgimento attivo dei bambini e delle famiglie che vivono i territori periferici della città di Napoli e provincia.

Capodimonte, Giugliano, Materdei, Rione Sanità, Pianura, Scampia, Bagnoli, Soccavo, Montesanto, Mercato-Orefici, Centro storico e Quartieri Spagnoli: questi i territori su cui continua a crescere una tradizione cittadina nata per promuove il senso di cooperazione e collettività tra le fasce più povere dei quartieri popolari.

Protagonisti in campo sono bambini e bambine, che con le loro famiglie, provano ad uscire dalla chiusura e dall’emarginazione avvicinandosi ad esperienze educative, dove ai minori viene permesso un’alternativa di espressione dei loro bisogni, svincolata dalle prassi della formazione propinata da modelli scolastici attuali.

Le parole chiave con cui gli organizzatori descrivono i loro messaggi sono il bisogno di accrescere il senso di comunità a partire dal basso, e la necessità di uscire dalle politiche sociali che discriminano persino i bambini riguardo l’accesso ai servizi minimi fondamentali nelle periferie.

Il carnevale sociale del 2018, unisce tutti i quartieri e tutte le periferie in un raccordo tematico trovato nel simbolo del “fuoco”. Le iniziative che hanno accompagnato la costruzione di tutte le sfilate, hanno volutamente messo al centro una sana campagna d’informazione, attraverso la conferenza stampa tenutasi simbolicamente presso la sede dell’associazione “Davide Bifolfo: il dolore non ci ferma”, nella piazza dedicata ad un minore travolto e ucciso dalla violenza con cui lo Stato chiude i territori come il Rione Traiano; questo, anche per rispondere alle recenti polemiche che i giornali nazionali riportano come il “fenomeno delle baby gang”.

Se da un lato l’esperienza del carnevale sociale esprime tutte le sue potenzialità per fare del protagonismo dei minori un fiore all’occhiello per la città partenopea, dall’altro lato su alcuni territori l’organizzazione del carnevale si è fatta più ostica proprio per il livello di disinformazione e discriminazione verso le componenti più vivaci.
Un operatore dell’educazione di Bagnoli, che con alcuni studenti ha costruito la sfilata che partirà domenica 11 da Piazza Bagnoli, ci rivela che una delle sedi dell’educativa territoriale della X Municipalità, è stata negata dal Consiglio d’istituto per alcuni episodi definiti di “violenza e vandalismo”, ma in realtà l’istituto seguiva la scia di accadimenti più legati a delle discriminazioni generali piuttosto che a veri atti di criminalità.

Tra gli organizzatori del carnevale a Soccavo, il candidato S. Cosentino per la lista “Potere al Popolo” ci racconta il punto di vista di chi lotta affinché accrescano le garanzie dei giovani per acquisire nuovi strumenti di espressione e formazione lontano dalle ipotesi espresse dallo Stato, tra cui il Ministro M. Minniti, che prevedono una totale militarizzazione dei territori ed un automatico abbrutimento anche nelle fasce di minori, costretti a vivere in contesti di cattiva distribuzione della ricchezza economica. “Il fenomeno delle baby gang è utilizzato per affrontare il clima di violenza generato sui territori, laddove si subisce l’assenza di servizi sociali. I bambini dei quartieri popolari, con le loro difficoltà singole, sono abituati a sopravvivere, e di conseguenza a trovare negli altri un nemico. Su questi territori abbiamo assistito alla distruzione del senso di collettività.”

E invece come ci racconta M. Riccio, del centro “Gridas”, “il carnevale sociale, oramai alla sua trentaseiesima edizione a Scampia, nasce come esperienza di sintesi di numerosi percorsi mutualistici: laboratori culturali, ricreativi, sportivi, doposcuola popolari, che vengono svolti quotidianamente, e vedono per un giorno all’anno la riappropriazione delle strade per portare all’attenzione di tutti una critica sociale.” E’ proprio dalle aree maggiormente abbandonate al degrado e alla criminalizzazione dalle istituzioni statali e dai mass media, che attraverso una data simbolica si riafferma un senso di appartenenza del proprio territorio, e si inverte la concezione di “dover togliere i bambini dalle strade”, occupandole e mantenendo in vita dei veri e propri avamposti di alternativa politica.

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