Il sacrificio di Stefano Sorano, 25enne di Acerra, per gli ammalati del Pascale

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Ci sono tragedie che si trasformano, per forza di cose, in amore e dedizione per gli altri. Gli stessi per i quali si sono distinti gli “angeli” che un giovane di 25 anni ha incontrato in corsia, durante il lungo calvario che lo ha poi condotto verso un tunnel senza uscita. Sarà per questo forse che la morte di Stefano Sorano, di Acerra, in provincia di Napoli non è stata vana, come dimostra il ricordo, oggi più vivo che mai, di familiari e amici che lo hanno amato. E che gli hanno dedicato un torneo di calcio e una successiva raccolta fondi da destinare alla ricerca e agli ammalati di quello stesso male che se l’è portato via troppo presto.

La storia di Stefano Sorano

Un ragazzo solare, altruista, sportivo. Pronto ad «attaccare bottone con chiunque, dai bambini agli anziani», come ricorda zia Tiziana che, insieme alle sorelle Caterina e Giovanna e a nonna Raffaela, gli ha fatto da mamma, quando lui rimase orfano da piccolo. Oggi a ricordare l’amore e la generosità di Stefano Sorano, 25enne di Acerra scomparso il 2 maggio 2020 per un sarcoma, una lodevole iniziativa di solidarietà: un torneo di calcio e il ricavato devoluto in beneficenza al Pascale.

Aveva appena 4 anni quando è stato costretto ad affrontare il dolore più grande della sua vita: la perdita della mamma, di professione avvocato. Ed è per lei che Stefano voleva realizzare il suo sogno: diventare un principe del foro come sua madre. Un amore mai finito, come si legge su uno striscione dov’è riportata una frase che aveva scritto per lei: “Guarderò oltre l’infinito e saremo di nuovo insieme”. Ad allevarlo, senza mai fargli mancare nulla in vent’anni, sono state la nonna e le tre zie. «Ci siamo tutti occupati di Stefano, dopo la scomparsa di mia sorella – spiega Tiziana – e lo abbiamo cresciuto con valori sani e puri, quelli che lui stesso è riuscito a trasmettere in tutti coloro che incontrava».

Ma chi era Stefano? Difficile spiegarlo a parole per la zia: «Un ragazzo che amava la vita, il contatto con le persone, propositivo e socievole. Anche in ospedale durante la degenza aveva legato con chiunque, dal personale agli ammalati».

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Un calvario, quello del giovane, iniziato ad aprile 2019: «Aveva frequenti crampi alla spalla e fu costretto a fare una radiografia. In realtà già a febbraio aveva espettorato sangue. Una tac ci diede la certezza della patologia e venne operato al Monaldi. Dopo l’esame istologico si scoprì che si trattava di un sarcoma polmonare e fu trasferito al Pascale». Quando venne a sapere della sua malattia Stefano si era da poco laureato in Giurisprudenza. «Ma ha lottato fino alla fine, ecco qual era la sua forza».

Il memorial e la beneficenza

Affinché la scomparsa di Stefano non sia stata vana, la famiglia e gli amici, tra cui Francesco Esposito, hanno voluto farsi promotori di un torneo di calcio e successivamente di un’iniziativa benefica.

«Si è svolto lo scorso 4 luglio al Centro sportivo Studi del movimento di Domenico Russo ad Acerra – spiega Tiziana – che ci ha messo a disposizione gratuitamente la struttura, come tutti d’altronde, dai partecipanti ai tecnici ai residenti». Così per ricordarne la memoria sono stati organizzatori un memorial e una raccolta fondi a favore dell’Istituto dei tumori Pascale di Napoli che lo ha accudito con dedizione e amore fino alla fine dei suoi giorni.

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Stefano infatti aveva solo 25 anni quando se n’è andato, sconfitto da un sarcoma che – dopo un anno di cure nel reparto guidato da Gaetano Apice, – non gli ha lasciato scampo. «Ma il suo breve passaggio sulla terra non può e non deve essere vano», dicono familiari e amici.  Un nome non a caso quello scelto per il memorial: “Hakuna Matata”, letteralmente “senza pensieri”, una scritta che Stefano si era fatto tatuare in passato proprio sul polmone destro, per uno strano scherzo del destino.

La consegna dei fondi è avvenuta da parte di zia Tiziana nella stanza del direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi, che ha dichiarato: «Voglio esprimere la mia più profonda gratitudine a questa famiglia che, anche nella disgrazia di aver perso un congiunto tanto giovane, ci ha riconosciuto l’impegno e la dedizione con cui trattiamo i pazienti. Gesti come questi ci invitano a proseguire nella nostra mission con sempre maggiore impegno».

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