NESHAMA: Raiz ci racconta del nuovo album con i Radicanto.

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Un sodalizio musicale che si rinnova a distanza di sei anni con un secondo album. Neshama è l’anima, nella traduzione come nelle intenzioni di chi ha fortemente voluto questo unicum discografico. Una visione musicale panregionale del Mediterraneo. Senza frontiere come la storia insegna.

Fusione di voci, strumenti e storia per Neshama, un album dal sapore artigianale; un fine lavoro di cesellature e sfumature che legano armonicamente l’unicità della voce di Raiz ai ritmi modulati, agli echi delle corde, delle pelli, dei mantici e dei fiati dei Radicanto.

Neshama, che in ebraico vuol dire anima rappresenta l’omaggio di Raiz & Radicanto alla musica e ai testi paraliturgici della tradizione degli ebrei di origine spagnola: i sefarditi.
Approdati nella penisola iberica dopo la distruzione di Gerusalemme da parte romana nel 70 dc e dopo 1400 anni di permanenza, furono espulsi da Isabella la Cattolica disperdendosi in Nord Africa, Italia, Grecia e Turchia e mantenendo un legame fortissimo, linguistico e culturale, con la seconda madrepatria.

Neshama è la soul music del Mediterraneo, che spesso ha in comune con quella degli afroamericani i testi tratti dal Libro dei Salmi e, soprattutto, una religiosità che fa leva su giustizia, equità e difesa dei più deboli.  Prodotto da Arealive con il contributo di Puglia Sounds, il nuovo album di Raiz & Radicanto esce il 7 ottobre anticipato dal singolo Jerusalem (feat. Mauro Pagani).  Ospiti del disco, inoltre, due grandi nomi della musica italiana: la pianista Rita Marcotulli e il violinista Mauro Pagani.

Dopo “Casa” album del 2012 che vi ha portato un ampio consenso di pubblico e critica, in questi giorni è uscito “Jerusalem”; brano che anticipa e annuncia un secondo album che rinnova questo sodalizio musicale in uscita il 7 ottobre: NESHAMA. In cosa si differenzia da Casa?

Casa era in gran parte una rivisitazione in chiave acustica e mediterranea di pezzi tratti dal mio repertorio, Neshama è un tributo alla musica degli ebrei sefarditi, una delle nostre passioni da sempre.

• “Jerusalem”: Gerusalemme, una città importante, ingombrante, misteriosa nel cui nome si consolida un passato e un presente difficile – nonostante – sia la culla delle tre religioni monoteiste. Perché scegliete Gerusalemme e non Jafra, Haifa o Tel Aviv per esempio?

• Appunto perché Gerusalemme è la città citata oltre 700 volte nella Bibbia e per la quale gli ebrei pregano tutti i giorni da millenni, il luogo dal quale Maometto assunse al cielo secondo la tradizione islamica e dove Gesù predicò, operò miracoli e morì secondo quella cristiana. Una città contesa e luogo di tante contraddizioni.

• Questo lavoro come è nella tradizione musical-strutturale dei Radicanto e di ricerca di Raiz accende un faro sugli ebrei sefarditi: cosa vi affascinato di questa comunità errante – come tante – di ebrei?

• A parte la mia appartenenza a questa comunità, l’identità dei sefarditi ci interessa proprio perché è molteplice e non monolitica. Ebraico, arabo, ladino sono le sue lingue e la musica attraversa tutto il mediterraneo, dall’Andalusia fino all’Irak. Un esempio di come forse dovrebbero riuscire a trasformarsi le identità del futuro, abbracciando l’idea del cosmopolitismo e della molteplicità.

Raiz & Radicanto
Raiz & Radicanto

• Perché scegliete loro piuttosto che gli Ashkenaziti per esempio, che con i primi compongono la maggior parte degli attuali ebrei?

• Io appartengo a questa comunità e sono nato e cresciuto a Napoli, città che sicuramente per colori, musica, cibo e civiltà è molto vicina al mondo sefardita. I Radicanto sono di Bari: onestamente e con tutto il rispetto e l’amore con gli ebrei ashkenaziti, ovvero russo-polacchi, c’entriamo poco.

In Jerusalem sono stati aggiunti dei versi tratti dal libro dei Salmi e della preghiera: quanta responsabilità etica investe un artista in un lavoro di ricerca come questo?

• Se le cose vengono fatte con onestà e buona fede non c’è limite che tenga. In Jerusalem Alpha Blondy parla di ebrei, cristiani e musulmani che vivono insieme e pregano. Io ho aggiunto un pezzo della preghiera ebraica che dice che Dio porterà la pace su di noi e su tutta la Terra e un salmo di lode. Tutto molto inerente al testo originale della canzone.

• Nel testo c’è un refrain: Shalom/ Salaam Aleikum: la prima di origine ebrea-sefardita è universalmente conosciuta col significato di pace; la seconda di origine araba ha lo stesso significato, ma affiancate in un testo hanno un messaggio ben preciso, quale?

• Shalom e Salaam hanno la stessa radice semitica SLM, che vuol dire appunto pace. Meglio esplorare le nostre similitudini che i lati in cui siamo differenti. Dialogo, confronto, coesistenza.

• È sempre – purtroppo – un momento storico particolare e delicato quando parliamo del popolo ebreo; i secoli sembrano sradicare dalla memoria degli uomini le tragedie del passato su cui riflettere. La musica cosa può fare?

Molto poco in verità. Poco però è meglio di niente. Il mondo di razzismo e intolleranza che si sta profilando all’orizzonte non può essere combattuto se non continuando a parlare di confronto e multiculturalismo. Noi siamo qui anche per questo.

Un disco che parla e invita al dialogo, al confronto alla coesistenza,

diretto a tutti quelli che ancora si emozionano.

 

 

 

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