Vittime criminalità comune, la moglie del marittimo ucciso ricorda la strage di Capaci

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«La mafia non ha fatto bene i suoi conti, voleva spegnere le vostre vite per sempre, ma non ci è riuscita. Perché oggi voi siete il simbolo della legalità. Onore a voi che avete sacrificato le vostre vite per i diritti di tutti noi».

Vittime criminalità comune, Anna Gaeta ricorda la strage di Capaci

Nel giorno del ventinovesimo anniversario della strage di Capaci Anna Gaeta ha scritto queste parole sulla sua pagina Facebook. Un post corredato dalle foto del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Nello stesso giorno di un anno fa Anna ha perso la persona più importante della sua vita, il padre dei suoi figli e l’uomo a cui aveva giurato fedeltà e amore per sempre. Si chiamava Patrizio Falcone, aveva 42 anni ed era un lavoratore marittimo. Ma qualcuno ha bruscamente interrotto un anno fa la felicità di un’intera famiglia che viveva nell’area nord di Napoli. Il 23 maggio 2020 Patrizio fu accoltellato a morte da un vicino di casa per futili motivi. Per quell’omicidio lo scorso 19 maggio la giustizia ha stabilito la sentenza: 24 anni di carcere per l’assassino. Una decisione che non potrà mai lenire il dolore di Anna e dei suoi figli, ma che la spinge tuttavia a proseguire nella sua missione: quella di difendere i valori della legalità e della giustizia in nome della vittime innocenti della criminalità.

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Vittime della criminalità comune – Anna Gaeta, vedova di Patrizio Falcone

Il ricordo

Domenica 23 maggio alle 20.30 nel cortile dove abitavano, in via Dietro la Vigna, Anna ha voluto ricordare il marito con un momento di raccoglimento ad un anno dalla sua scomparsa. Il parroco del quartiere ha dato la sua benedizione in quel luogo in cui Patrizio perse tragicamente la vita. «Abbiamo invitato tutti ad unirsi al nostro silenzio e al nostro dolore – dice la vedova – per commemorare Patrizio Falcone, dando un segno concreto per la riaffermazione dei principi di giustizia, onestà e legalità». E chi ha partecipato non ha esitato a lasciare un ricordo o anche solo una firma su un libro, perché, come ripete sua moglie, «Patrizio siamo tutti noi». Mentre oggi alle 18 nella chiesa del Santissimo Salvatore in piazza Tafuri a Piscinola, verrà celebrata la santa messa in suffragio di Falcone.

La sentenza

Pochi giorni fa Mauro Severino, autore dell’omicidio di Patrizio Falcone, 42enne marittimo ucciso con una coltellata al cuore per diverbi condominiali lo scorso 23 maggio a Napoli, nel quartiere di Marianella, è stato condannato a 24 anni di carcere. Così ha stabilito la sentenza della prima sessione di Corte d’Assise.

Al fianco della famiglia della vittima anche il Comune di Napoli che si è costituito parte civile, insieme alla Fondazione Polis, nel processo penale a carico del responsabile dell’omicidio. «Ringrazio per non averci fatto sentire soli tutte le istituzioni e le forze dell’ordine che sono state dal primo momento al nostro fianco». Queste le prime parole di Anna, che proprio a margine dell’udienza e dopo un sit-in davanti al Tribunale aveva aggiunto: «Sono impegnata a dare il buon esempio ai miei figli così come ha sempre fatto il loro papà. Vogliamo giustizia non vendetta e che le vittime di violenza di ogni tipo non siano mai lasciate sole».

Anna Gaeta, l’appello

«Oggi più che mai, ad un anno dalla tragica scomparsa di Patrizio e nella giornata della legalità, il nostro grido di dolore e giustizia va a tutte le vittime innocenti. Senza distinzioni». Così la famiglia Falcone, difesa da Virginia De Marco, ha rivolto il pensiero a chi ha perso ingiustamente la vita per mano della criminalità. «Perché nessuna madre dovrebbe piangere il proprio figlio, nessuna moglie il proprio marito; perché nessun figlio cresca senza l’indispensabile presenza, appoggio e guida del proprio genitore – rimarcano – e lotteremo senza sosta affinché le leggi di questo Stato siano a tutela delle vittime e non di chi si macchia l’anima di tanto orrore». E in attesa probabilmente dell’appello dopo la sentenza della Corte d’Assise, «combatteremo per la giustizia, quella in cui crediamo fortemente, perché il sangue dei nostri cari non sia stato versato invano».

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