Stalking, quando scatta il reato? Come difendersi?

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Il fenomeno dello stalking sembra essere, purtroppo, in continuo aumento. La diffusione delle nuove tecnologie ha reso più agevole il lavoro ossessivo degli stalker (persecutori), ovvero quello di spiare e controllare la vita altrui.

Il termine “stalking”,entrato da diverso tempo nel nostro vocabolario, spesso però viene utilizzato impropriamente. Sono ancora molti coloro che fanno confusione sul suo reale significato. Vediamo di fare insieme un po’ di chiarezza.

Stalking, quando scatta il reato?

Il reato di stalking consiste in un comportamento persecutorio e reiterato, messo in atto da un soggetto denominato “stalker” (persecutore) nei confronti della sua vittima.

Affinché si configuri reato di stalking e non si tratti solo di atti persecutori, devono sussistere determinate condizioni, ovvero:

– la reiterazione dei comportamenti da parte del persecutore;
– l’intento di infondere timore e preoccupazione nella vittima;
– la compromissione del normale svolgimento della vita quotidiana della vittima.

Attenzione! Non occorre che dal fatto derivi un danno psicofisico alla vittima; basta che patisca un rilevante stato di ansia e preoccupazione.

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 02/01/2019 n° 61) il reato di stalking si configura anche in assenza di un incontro fisico tra lo stalker e la vittima. Per rispondere del reato di stalking sono sufficienti pochi messaggi inviati tramite i social ed una telefonata dal tono minaccioso che causano la modifica delle abitudini della persona offesa.

stalking

Come ci si difende da uno stalker?

Dopo aver individuato che la condotta del persecutore abbia tutte le caratteristiche dello stalking (la reiterazione e l’intento di trasmettere ansia e preoccupazione) la vittima può denunciare i fatti in Questura.

La querela può essere presentata entro 6 mesi dall’ultimo episodio persecutorio. Dai fatti narrati e messi a verbale partiranno le indagini preliminari necessarie a raccogliere informazioni circa la colpevolezza della persona denunciata.

In entrambi i casi, ovvero sia la vittima che l’accusato di stalking, è bene che si facciano assistere da un legale esperto nel settore. Difendersi da uno stalker, ma anche da un’accusa di stalking richiede specifiche competenze professionali ed esperienza pratica.

In alcuni casi lo stalking è perseguibile a prescindere dalla volontà della vittima. Ciò avviene quando:
– la vittima è un minore o una persona affetta da infermità psicofisica;
– lo stalker era già stato ammonito in precedenza;
– oltre allo stalking viene commesso un reato più grave per il quale si può procedere d’ufficio anche senza denuncia.

Le pene previste per il reato di stalking

Il reato di stalking è una fattispecie normativa introdotta nel nostro ordinamento dal D.L. n. 11/2009, convertito dalla L. n. 38/2009, con la quale è stato inserito nel codice penale nel capo III del titolo XII, tra i delitti contro la persona, l’art. 612-bis.

L’art. 612-bis c.p. sancisce che:

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

2. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

3. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

4. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

 

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