Canova a Napoli scrive sul suo Quaderno di Viaggio: “La città mi pare situata in una delle più amene situazioni del mondo”
Roma,1779 – (…) Ed ora, innanzi l’Apollo,il Laocoonte ed il Torso, errava impaziente, qua e là,come fuori senno per la novità (…) avrebbe voluto tutte quelle esimie bellezze greche mandarsi in sangue ad un tratto (…) ma la maggiore ammirazione venne dai colossi del Quirinale alla vista dei quali, sentì rabbrividirsi!
(”Vita di Antonio Canova”di M.Missirini a cura di J.Bernardini)
Ritrovandosi ragazzo di bottega per nascita, a soli sei anni, in occasione di un ricevimento presso Villa Falier, stupisce la nobiltà presente con una scultura di burro, un leone che incanta tutti.
A questo punto gli si offre la possibilità di formarsi presso il Maestro Giuseppe Bernardi, da qui a Venezia. E’ il 1779 e, finalmente a Roma, si ritrova circondato dai più importanti esempi della scultura classica, ma il cuor suo non si appaga. Vuol conoscere di più e può farlo in un unico modo:andare a Napoli.
E’ il 27 Gennaio del 1780 e Antonio Canova, nel suo “Quaderno di Viaggio”, annota: ”La città mi pare situata in una delle più amene situazioni del mondo”.
Visita Ercolano, Paestum e, seguendo la “Guida di Napoli” di Pompeo Sarnelli ne vive le grandi meraviglie senza dimenticare Baia, Pozzuoli e Cuma.
Alla fine di Febbraio dello stesso anno, deviando opportunamente per Caserta e Capua, torna a Roma.
Dopo pochissimo la grande occasione: il Marchese Francesco Maria Berio, uomo eclettico, fautore del circolo letterario più ammirato ed esclusivo della capitale partenopea, librettista di G.Rossini per “Otello”, uno degli uomini fidati di Re Ferdinando, ha comprato un elegante edificio al civico 256 di Via Toledo (attuale Palazzo Berio, fronte Galleria Umberto I).
I lavori di ristrutturazione hanno apportato diverse modifiche, tra cui un giardino, ex-novo, all’interno del quale un tempietto che, su meravigliosa ispirazione del Marchese, diviene la splendida cornice del gruppo scultoreo “Adone e Venere”, commissionato per 2000 zecchini, ad Antonio Canova, suo amico.
L’opera arriva a Napoli nel 1795 e, in tutta Italia ne riecheggia il grande successo: Re Ferdinando è orgoglioso. Napoli si arricchisce di nuovi tesori; può diventare la capitale dove antico e moderno coesistono, l’importantissima capitale che volge lo sguardo alle sue origini greche: una nuova Atene.
La statua di Re Ferdinando
Canova inizia subito gli studi per l’effige di Re Ferdinando. Nel 1803 compie anche la sbozzatura del marmo; purtroppo, però, l’arrivo di Napoleone stravolge i piani. I lavori si interrompono per poi esser ripresi e conclusi nel 1819.
La statua di Re Ferdinando raggiunge Napoli via mare ed è lo stesso autore a stabilirne l’ubicazione:una nicchia dello scalone monumentale del Museo Borbonico, attuale Museo Archeologico Nazionale.
Ben diversa dagli “altri gracili marmi”, tale effigie rappresenta una immagine di severa grandiosità laddove un classicheggiante e preciso panneggio ammanta la figura del sovrano dal volto efficacemente rappresentato.”Ferdinando come Minerva” è questo il titolo di tale opera, mai più significativa per un sovrano che ha voluto fortemente esser e riconoscersi quale “Protettore delle Arti”.