Ciò che è destinato alla luce, troverà sempre il modo di risplendere!


“Siamo tutti nelle mani di Dio: ognuno di noi è chiamato ad assolvere un compito!”

1 Settembre 1738, Napoli – Arrivato in Italia al seguito di Carlo di Borbone, Roque Joaquin de Alcubierre detiene il titolo di Comandante del Genio Militare dell’esercito spagnolo che, per sua grande dedizione e acutezza, viene incaricato di rifornire di acqua corrente la Reggia di Portici

Il 30 dicembre dello stesso anno, il Marchese di Montealegre gli ordina, inoltre, di portare nel  giardino del Palazzo Reale (di Portici) la terra risultata in esubero dal vecchio pozzo di Resina.

I cantieri sono tutti pagati dal Re che ha come unico scopo quello di ritrovare più ricchezze affinchè le sue residenze risultino splendide. Le giornate sui cantieri procedono molto serenamente; ci si è affidati alle maestranze del posto e a nessuno, proprio nessuno, interessa sapere delle antiche città romane sepolte dal Vesuvio nel 79 d.C.; si scavano gallerie, si prende ciò che c’è di più bello, dopodichè si interra tutto, nuovamente.

De Alcubierre, così, instaura un rapporto di tale intensa e leale collaborazione, da dimenticare, addirittura, per troppa passione e assoluta abnegazione, i suoi 12 figli e la moglie che vivono in città, a Napoli.

I lavori, nel tempo, procedono talmente sereni e appassionati da riuscire a tracciare una pianta della zona, fino a quando si imbatte negli scavi di D’Elbeuf; così, grazie al ritrovamento di una prima statua di Ercole, il Sovrano dà  ordine di espandere gli scavi su tutto il territorio, dal cui sottosuolo emergono ricchezze che sono immediatamente sigillate e portate a Portici.

Il 30 Marzo 1748, inizia una nuova campagna di scavo in una zona identificata come città di Pompei, ma le ricerche, condotte in compagnia dell’Ingegnere Carl Weber stabiliscono di aver ritrovato l’antica Stabia, ma il loro è un continuo ritrovare, depredare e poi sotterrare nuovamente tutto ciò che non interessa; sono i  primi, a rivolgere l’attenzione a Sorrento, Capri, Cuma, Pozzuoli, ma sono ben lontani dal concetto di “archeologia” inteso come recupero dell’ antico, conoscenza, tutela dunque divulgazione.

Tutte queste operazioni sono coadiuvate, dunque, da C. Weber ed il francese “La Vega” che vanno a redigere una sorta di primi “giornali di scavo”, seguiti da precise descrizioni dei reperti.

Non vi è, in quegli anni,alcun interesse per il mondo antico, si cerca però il modo giusto di orientarsi tra le antiche rovine.

Il modo giusto, allora, lo trova, C.Weber, incaricato da D’ Alcubierre di succedergli nella direzione degli scavi, costui redige per la prima volta in “assonometria cavaliera” i Praedia di Iulia Felix.

È soltanto nel 1763 che, fuori Porta Ercolano viene ritrovata l’epigrafe di T.Suedius Clemens che fa esplicito riferimento alla “Repubblica Pompeianorum”, dunque,sotto la Collina di Civita, l’antica Pompei

Ciò che è destinato alla luce, troverà sempre il modo di risplendere! R.J.De Alcubierre

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