Aprimmo l’anno nuovo
co tric trac e botte
passammo chesta notte
in allegria.
A Zia Mary, una delle sorelle di mamma, basta dirle “Attacca” e lei inizia a cantare “a fronne e limone” (senza alcuna intonazione) questo antico canto augurale.
Il canto è lunghissimo e Zia Mary, ultraottantenne, ne conosce solo poche strofe. Salta, infatti, tutte le strofe intrise di sentimento religioso e passa direttamente ad interpretare le strofe che elencano i piaceri della tavola. Cosi, “all’allegria” della prima strofa aggiunge:
Anguille e capitune
e pisce d’ogne sciorte
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Castagne, fiche e nuce,
e n’ata cose doce,
e susamielle.
Canzone de lo Capodanno
Il titolo del canto è “Canzone de lo Capodanno”. Di recente mi è capitato di vederlo interpretato per strada da ‘A paranza ro Lione” un gruppo di ricerca e di recupero delle tradizioni musicali popolari del Sud Italia. Il gruppo, attraverso balli, canti e suoni di strumenti come nacchere, putipù, tamburelli e triccaballacche, propone spettacoli che esprimono devozione e tradizioni contadine di un tempo.
Il canto “Canzone de lo Capodanno”, il cui autore è rimasto anonimo, è giunto ai giorni nostri grazie ad una copia trovata nella raccolta della biblioteca di Benedetto Croce.
Sulla scia del canto, ringrazio chi resta fedele ai nostri contenuti e auguro loro un felice anno nuovo.
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