La “ciorta” a Napoli, il filo invisibile che lega il destino alla vita quotidiana


Il termine “ciorta” racchiude un concetto profondo intrinsecamente legato all’animo e alla cultura di Napoli, una città dove la vita quotidiana è vissuta con vibrante intensità, dove ogni piccolo gesto sembra essere impregnato di fatalismo e speranza.

La “ciorta”, infatti, non è solo fortuna nel senso stretto del termine, bensì un intreccio complesso di destino, casualità e, soprattutto, capacità individuale di cogliere l’attimo. Nella mentalità napoletana, si parla di bona ciorta e di cattiva ciorta, e spesso viene vista come qualcosa che si può manipolare, o almeno influenzare, con astuzia, preghiere o piccoli riti scaramantici.

Non a caso, a Napoli, si crede fermamente nell’importanza dei gesti scaramantici per allontanare il malocchio o attrarre la fortuna: toccare ferro, fare le corna con la mano o portare un cornetto rosso nel taschino sono abitudini quotidiane che accompagnano i napoletani nella loro costante ricerca di una “ciorta” favorevole.

“Ciorta”, però, può  essere anche sinonimo di tenacia e perseveranza vale a dire che la fortuna un po’ ce la creiamo noi stessi. Questa concezione del destino come qualcosa di malleabile dimostra un aspetto profondo dell’identità partenopea che si rifiuta di accettare passivamente le avversità e, al contrario, cerca sempre di aggirare gli ostacoli con intelligenza e spirito di adattamento.

La “ciorta” nella vita di tutti i giorni

Passeggiando per i vicoli di Napoli è impossibile non percepire la presenza costante di un legame sottile tra il destino e la realtà. I mercati brulicanti, le bancarelle dei venditori di lotto e i riti quotidiani che permeano la vita di ogni quartiere sono tutti segnali di un’interazione continua con la sorte.

Il gioco del lotto, in particolare, rappresenta una delle più affascinanti espressioni del concetto di “ciorta”. Ogni numero ha un significato particolare, e molti napoletani affidano i propri sogni e le loro speranze alla Smorfia napoletana, il sistema tradizionale che associa simboli onirici a numeri specifici da giocare.

Qui, l’idea del destino assume un aspetto ludico, quasi mistico: sognare un animale, un evento o una persona cara non è mai casuale, ma piuttosto una comunicazione diretta con il destino, un suggerimento da interpretare e trasformare in numeri da giocare.

Nel cuore pulsante della città si può incontrare un continuo flusso di storie di vita legate alla “ciorta”, storie di sfide affrontate con una risata amara, di trionfi imprevedibili e sconfitte accettate con una scrollata di spalle.

In queste narrazioni quotidiane, la “ciorta” si manifesta in mille forme: un’auto che si rompe proprio quando serviva per un appuntamento importante, una vincita al lotto che arriva quando ormai non ci si sperava più, o l’incontro fortuito con una persona che cambia il corso della vita.

La superstizione e il rapporto con il sacro

Accanto alla “ciorta” c’è una profonda dimensione spirituale che permea Napoli. La devozione popolare è onnipresente: San Gennaro, il santo patrono, è venerato come colui che può cambiare le sorti della città, proteggendola dalle catastrofi.

Le processioni religiose e i voti fatti ai santi sono pratiche che si inseriscono in questa ricerca costante di una fortuna migliore, o almeno di una protezione contro il destino avverso.

La figura di San Gennaro, il cui miracolo del sangue sciolto è atteso con ansia dai fedeli ogni anno, è il simbolo di un rapporto quasi contratto con il divino, dove il miracolo e il soprannaturale fanno parte del quotidiano.

Non si può parlare di “ciorta” a Napoli senza menzionare questo legame stretto tra il sacro e il profano, dove la fede non è solo una questione di religiosità, ma anche di sopravvivenza quotidiana.

La “ciorta” nella cultura e nell’arte

La “ciorta” ha anche un posto di rilievo nella cultura artistica napoletana, dalla musica al teatro fino alla letteratura. Basti pensare alla canzone napoletana, dove il destino, l’amore perduto o trovato per caso, e l’inevitabilità del fato sono temi ricorrenti.

Nelle commedie di Eduardo De Filippo, uno dei più grandi drammaturghi del Novecento, la “ciorta” è spesso rappresentata come una forza potente ma non invincibile, che può essere influenzata dall’astuzia e dalla volontà individuale. I personaggi di Eduardo vivono situazioni che li mettono continuamente di fronte al destino, ma lo affrontano con quell’ironia e quel fatalismo tipici della cultura napoletana. E anche Pino Daniele cantana che “ognuno aspetta ‘a ciorta”.

Tra fatalismo e speranza

Napoli è una città dove il tempo sembra seguire regole diverse, sospeso tra passato e presente, tra il caos e la bellezza. La “ciorta” in questo contesto diventa una sorta di filosofia di vita, una lente attraverso cui guardare al mondo.

Non si tratta semplicemente di sperare nella fortuna, ma di riconoscere che la vita è un delicato equilibrio tra ciò che possiamo controllare e ciò che sfugge al nostro controllo. La capacità dei napoletani di accettare le difficoltà con il sorriso sulle labbra e di celebrare i piccoli trionfi quotidiani è forse la più grande espressione di questa filosofia.

Il concetto di “ciorta” si riflette anche nella straordinaria resilienza della città e dei suoi abitanti. La “ciorta” non è solo una questione di fortuna o di destino, ma anche una testimonianza della straordinaria capacità dei napoletani di adattarsi, di improvvisare e di trovare sempre una via d’uscita, anche nelle situazioni più difficili.

Napoli, città di contrasti e di passioni, insegna che la vita, come la “ciorta”, è una danza continua tra il previsto e l’imprevedibile, tra il sogno e la realtà; ogni giorno la vita può riservare sorprese straordinarie a patto di avere il coraggio e la voglia di accettarle.

Intanto oggi è 17…per fortuna cnon è venerdì! Come ripeteva Eduardo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male!”

 

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