Oscar Wilde, Ernest Hemingway, Emile Zola, Scarfoglio con sua moglie Matilde Serao, Salvatore Di Giacomo, Gabriele D’Annunzioa, tutti seduti e ben accomodati per assaporare il proprio caffè al Gran Caffè Gambrinus
15 Settembre 1891 Napoli – I pomeriggi dopo il lavoro, ormai, sono ancora lunghi e fino al volgere della notte è tanto il tempo a disposizione per intrattenersi. Come sempre accade,quando le discussioni sono interessanti e lo stare in compagnia rallegra gli animi, aspettare per poi bere un buon caffè assume la connotazione di una vera e propria esperienza atta ad elevare lo spirito. E’ così, dunque, che il giovane Gabriele D’ Annunzio trascorre il tempo; la splendida sala del “Gran Caffè Gambrinus” lo accoglie quotidianamente negli anni in cui,a Napoli, scrive per “Il Mattino”.
Il giorno precedente, Ferdinando Russo, suo amico e collega, lo ha “sfrocoliato”; gli ha chiesto, infatti, se mai fosse stato capace di scrivere versi in napoletano, ed è così che seduto ad un tavolino, ispirato da un caffè bollente, l’eccentricamente elegante Gabriele D’Annunzio compone “Na Vucchella”, che Ferdinando Russo custodirà gelosamente, fin quando Francesco Paolo Tosti vi aggiungerà la musica, per essere poi, meravigliosamente interpretata dai più grandi, in primis, Caruso per arrivare poi ai giorni nostri nel repertorio di Bocelli.
In “Una Domenica” Cesare Pavese scrive :”in un caffè ho trovato me stesso”, un momento dunque di pacificazione, di rasserenamento oltre un “ben trovato” od un “arrivederci”:
Nero, affascinante e seducente, il caffè
Tali e tanti sono i pretesti per accogliere tra le proprie mani una ”tazza di caffè”, ma non sempre è stato così.
QAWA, il vino d’Arabia, talmente nero, talmente affascinante e seducente da cercarvi il proprio destino; proibito alle donne per le sue proprietà eccitanti, addirittura utilizzato da Maometto per affrontare al meglio il combattimento.
Già nel XV sec. Il Cairo è ricca di luoghi devoluti al consumo di questa bevanda; arrivando in Europa con l’esercito ottomano che dopo l’assedio di Vienna, ne lascia tracce ben concrete, diviene successivamente la bevanda per eccellenza.Il XVII sec. vede fiorire caffetterie ovunque.
La nascita dei Caffè
In Italia il veneziano Pietro Della Valle annuncia l’apertura del primo spaccio di caffè e, nel 1710 a Piazza San Marco apre il “Caffè Florian”. A questo punto il pregiudizio è superato , “QAWA” non è più “la bevanda del Diavolo”, bensì una sorta di medicamento che rende vigili e concentrati. I luoghi di consumo, inizialmente luoghi di aggregazione disimpegnata, cambiano completamente la loro finalità.
E’ il 1672 quando Francesco Procopio lascia la Sicilia e si trasferisce a Parigi; qui, nel 1686, apre “Le Café Procope” al numero 13 di Rue de l’ Ancienne, un mondo fantasioso e seducente, fatto di specchi, lampadari di cristallo, tavoli in marmo, cambiando così, completamente, la finalità dei Caffè; la “Comedie Francaise” lo trasforma in un vero e proprio cenacolo intellettuale.
A Napoli nasce il Gambrinus
I “Caffé” , dunque, nuovi “Luoghi”, dove l’Arte e la Cultura si respirano ed inebriano; da Via Toledo a Piazza Plebiscito le caffetterie sono almeno 30: l’Aceniello a Porta S. Gennaro, il “Caffè del Commercio”, presso il Teatro Mercadante, frequentato dalla compagnia teatrale di Scarpetta,e tra i tanti il “Gran Caffè” (aperto nel 1860 presso Piazza Plebiscito),chiamato anche il “Caffè delle sette porte” per la sua grandezza, purtroppo, però, chiude per il colera nel 1885.
Dopo diversi anni il nuovo proprietario affida all’architetto Antonio Curri la sua rivisitazione, è così che nel 1890, nella sua nuova veste tutta “liberty”, apre il nuovo Caffè Gambrinus”; gli immancabili Oscar Wilde, Ernest Hemingway, Emile Zola, Scarfoglio con sua moglie Matilde Serao, Salvatore Di Giacomo tutti seduti e ben accomodati per assaporare il proprio caffè: “Nero come la notte, dolce come l’ amore, caldo come l’inferno!” (M.Bakunin).