Maria D’Avalos trova la morte nella notte tra il 17 ed il 18 ottobre 1590. La sua storia ancora così attuale


L’occasione finalmente è giunta.Suo marito ha deciso di non rientrare per la notte, impegnato in una battuta di caccia agli “Astroni”; così, felice per la sospirata ed imprevista occasione, avvisa l’amato, affinché la raggiunga presso la sua dimora (Palazzo de Sangro di San Severo, prospiciente Piazza San Domenico Maggiore).

Quella notte, la luna, finalmente, potrà vegliare sul loro amore e a guardia del sospirato “nido”, viene posta la serva fidata che, purtroppo, subito dopo l’arrivo di Fabrizio, si abbandona ad un sonno profondo.Finalmente i due innamorati sono l’una tra le braccia dell’altro, consapevoli che quell’amore così grande e così maldestramente nascosto, susciti (come sempre) mormorii e malumori proprio da parte di chi non ha potuto avere per sé Maria D’Avalos, la dama più bella del Regno di Napoli.

Il Principe Carlo Gesualdo, suo marito, ha deciso, mosso da ingerenze esterne, di salvare l’onore e di mettere fine a questo amore, ormai noto a tutta Napoli.Così, tesse la tela di un tranello in cui, la notte tra il 17 ed il 18 ottobre 1590, trovano la morte Maria D’Avalos e Fabrizio Carafa, Duca Di Andria. In preda alla vendetta più accecante, non contento dei fiumi di sangue versati dai due corpi, su cui sono stati inferti innumerevoli colpi, Carlo Gesualdo espone a vista del popolo, per diversi giorni i due “innamorati”.

Il Vicerè, Conte di Miranda, venuto a conoscenza delle circostanze, fatto salvo l’onore, dichiara che, il caso è chiuso.

Maria D’Avalos, la sua storia ancora così attuale

E’ questa l’ ennesima storia a cui ho deciso di dare pari importanza dei luoghi che gli fanno da scenario.La storia di una donna innamorata e sopraffatta dal marito, dalla società, storia che potremo, comunque, definire attuale, il cui nome resta legato alla leggenda del suo fantasma che si aggira nei pressi di Piazza San Domenico, durante le notti senza luna, alla ricerca di quell’amore che, nonostante i secoli, vuole ancora con sé.

L’importante ambientazione di questa vicenda è, come ho già scritto, l’attuale Palazzo de Sangro di San Severo e la piazza antistante la Basilica di San Domenico Maggiore, dunque, proprio tra “Mezzocannone” e “Spaccanapoli”.Per Napoli, il “Regno Angioino” è un momento di storia importante; gli ottimi incentivi attirano artisti come Giotto, Simone Martini, Boccaccio, Petrarca; la Corte – scriveranno –  è splendida ed il Re è generoso.

Napoli
Napoli – Piazza San Domenico

La Basilica viene fatta innalzare sulle rovine della Chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, prima basiliana e poi benedettina, da Roberto D’ Angiò nel 1283 e, ad oggi, la sua facciata è singolarmente “pluristile”; l’ingresso ed il campanile sono assolutamente barocchi, rinascimentali le due cappelle laterali, e magnificamente gotica la “bifora” posta al centro della facciata principale.

Internamente, la Basilica ha una spazialità immensa, dovuta a ben 80 m.di lunghezza, al termine dei quali trionfa l’Altare Maggiore in marmi policromi di Cosimo Fanzago, accompagnato da un organo, vero e proprio capolavoro barocco dotato di 1640 canne.

Lungo la navata, ben 27 cappelle, che per importanza possono essere assunte ad un trattato di storia dell’arte; si passa infatti da capolavori del ‘200 come il Crocifisso, nella Cappella Carafa ad altri capolavori che sono stati spostati al Museo di Capodimonte, dove, ben preservati, ritroviamo, splendidamente, l’Annunciazione di Tiziano, la Flagellazione di Caravaggio e la Madonna delle Rose di Simone Martini.

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