Il termine “pucundria” appartiene alla lingua napoletana e sembra portare con sé un universo di emozioni che si intrecciano in modo inestricabile, dando vita a uno stato d’animo complesso, sfumato, a metà strada tra malinconia, noia e solitudine. Di difficile traduzione, questa parola riesce a evocare una tristezza acuta, dai contorni imprecisi; una sensazione simile alla malinconia, ma che va oltre toccando corde emotive nascoste, immerse nel senso di vuoto e di mancanza. Non è semplicemente tristezza o malinconia: è qualcosa di più profondo, un turbamento dell’anima che non trova definizioni precise.
Il concetto di “pucundria” appare sfaccettato, capace di trasportare chi lo prova in uno stato d’animo sospeso tra nostalgia e apatia, come se il presente fosse pervaso da un’inquietudine senza nome e il futuro, invece, da un’impalpabile sensazione di incompiutezza. A Napoli, questa sensazione è quasi un’emozione comune, qualcosa che riecheggia in tanti animi e che il dialetto locale sembra saper tradurre con precisione. La “pucundria” si insinua nei giorni grigi, in quei momenti in cui ci si sente persi nel proprio mondo interiore, incapaci di trovare appagamento o risposte.
Pucundria, saudade e Sehnsucht: l’inquietudine universale dell’anima
Non è solo Napoli ad avere bisogno di una parola per descrivere questa particolare sfumatura emotiva. In Portogallo esiste il termine “saudade,” usato per esprimere un’analoga nostalgia intrisa di tristezza e desiderio. La saudade portoghese è un sentimento malinconico e struggente, che porta chi lo prova a guardare verso un passato idealizzato o verso un futuro irrealizzabile, rendendolo al contempo doloroso e dolce. In Germania, invece, il termine “Sehnsucht” indica un desiderio struggente e idealizzato verso qualcosa di sconosciuto o irraggiungibile, che lascia l’anima in sospeso, tra appagamento e mancanza.
La “pucundria” napoletana, pur con le sue caratteristiche uniche, sembra quindi essere parte di un sentimento universale, una manifestazione di quel “male di vivere” che si insinua negli anfratti più segreti dell’anima. Come spiega uno studioso di linguistica napoletana, “La pucundria non è solo malinconia, ma è la sensazione di qualcosa di introvabile eppure presente, un malessere che si fa compagnia, che ti abbraccia mentre senti l’assenza di qualcosa che non sai definire”. Un tipo di nostalgia che si vive, quindi, come un male dolce-amaro, un’emozione che si è incapaci di risolvere.
La cultura napoletana e il rapporto con l’incompiutezza
Napoli, città di tradizioni millenarie, ha sempre coltivato un rapporto stretto con le emozioni forti, dal dramma al sentimento d’assenza. Questa relazione con il proprio stato interiore, spesso poetica e introspettiva, ha fatto sì che la lingua napoletana si dotasse di una parola unica come “pucundria” per rappresentare l’esperienza di chi si sente avvolto da una specie di malinconia irrisolvibile, simile a un’inquietudine soffusa e mai del tutto esplicitata.
La cultura napoletana trova una bellezza malinconica nella sofferenza e nel dubbio, nella persistenza dei legami affettivi e nella ricchezza dei ricordi. La musica, la poesia e la filosofia napoletane hanno spesso messo in luce questi stati d’animo sospesi, quasi “metafisici,” come se facessero parte della stessa atmosfera della città, delle sue pietre, dei suoi vicoli stretti. Ne sono testimoni le canzoni e i poeti locali, che hanno sempre saputo cantare la malinconia e l’amore irrisolto, i temi cari alla tradizione partenopea.
Pucundria: un’emozione che va oltre la lingua
L’irriducibilità della “pucundria” a una sola definizione ha qualcosa di affascinante, un’aura di mistero che rende questo stato d’animo ancora più poetico. Esprime un desiderio sfuggente, che si cela tra le pieghe della quotidianità, nei momenti di solitudine e riflessione. È un sentire che trascende la razionalità e che, come la saudade o la Sehnsucht, non si lascia afferrare del tutto. Piuttosto che essere descritto, richiede di essere provato.
Così, la pucundria resta uno di quei sentimenti che definiscono l’esperienza umana e che raccontano qualcosa di profondo sull’animo di chi vive in costante tensione tra il presente e un altrove immaginario, una condizione di incompletezza che è allo stesso tempo una forma di pienezza emotiva.