La delegazione di Ravenna dell’Accademia Italiana della Cucina ha realizzato un inedito video-documentario per valorizzare alcuni straordinari prodotti romagnoli come l’asparagina, gli stridoli, i raperonzoli, la salicornia
In occasione del 50° anno d’attività (1962-2012) la delegazione di Ravenna dell’Accademia Italiana della Cucina ha avviato un importante progetto che ha trovato la sua conclusione in questo 2013: la realizzazione di un inedito video-documentario dedicato alle erbe spontanee in cucina. “Selvatico di pregio. Erbe spontanee in cucina: il Lamone fiume romagnolo” è il titolo di questo medio-metraggio, della durata di circa 45 minuti.
Il Lamone è un fiume simbolo della Romagna, perché la percorre tutta, dal crinale appenninico (in verità nasce burocraticamente in Toscana, ma lui “le ha voltato le spalle”) fino al litorale fra le straordinarie valli e pinete, un unicum per la Pianura padana.
Sul crinale appenninico la flora che lo circonda è punteggiata di varietà “da versante sud”, come alcuni esemplari di cerro sughero, di corbezzoli e di agrifogli. Poi, scendendo, il Lamone acquisisce tutte le specie tradizionali di una Romagna che comunque ha il clima e l’aridità da “Italia mediterranea”. Una sorta di nord del sud, che consente una concentrazione di essenze importanti per la nostra cucina. In pianura, conserva attorno al suo correre verso il mare un’ampia serie di erbe eduli, per poi infilarsi nelle valli e nelle pinete, dove regnano l’asparagina e gli stridoli, la rucola e i raperonzoli, fino alla salicornia e alle alghe delle nostre placide acque.
Il video ha messo al centro della ricerca di queste piante spontanee la cultura dei grandi cuochi romagnoli: “professionisti del gusto” e quindi i migliori interpreti per un’analisi sensoriale ottenuta applicando moderne tecniche di elaborazione e di cottura a questi straordinari prodotti. Oltre alle erbe anche fiori, radici, piccoli frutti, funghi. Si passa da Pier Giorgio Parini del “Povero Diavolo” di Torriana che da anni fa il risotto al cipresso a testimonianza di come il non edule possa diventare edule, fino a Vincenzo Cammerucci (“CaMi”, Savio) che utilizza le alghe del nostro mare, una “insalata” d’acqua salata. I grandi appassionati e cercatori di erbe selvatiche come “Il Pettirosso” di Saludecio (Maria Franca Cupioli) e “Il Gambero Rosso” di San Piero in Bagno (Giuliana Saragoni) sfornano piatti d’antan impreziositi da fiori sgargianti. Remo Camurani, il re del carciofo moretto alla “Trattoria Strada Casale” fa delle erbe un complemento ineliminabile, mentre Silverio Cineri (“Silverio”, Faenza) utilizza tutti i prodotti dei campi e dei boschi per far diventare piatti semplici invenzioni stupefacenti.
Oltre ai cuochi, nel video sono contenuti anche gli interventi di altri importanti esponenti di questa originale “filiera”: “allevatori” di erbe e fiori eduli, ricercatori, raccoglitori. Tutti gli attori sono presenti, dall’Azienda Sperimentale della Regione “M. Marani” che fa selezione clonale di asparagina, salicornia, moretto, raperonzolo e che provvede ad allevare importanti specie selvatiche al servizio della ristorazione. Come pure aziende specializzate in erbe e fiori eduli, come Pizzi di Cesena, o chi da anni fornisce il mercato di spezie ed erbe essicate come l’Azienda Minardi di Bagnacavallo. Il problema è curare la filiera per far sì che prodotti eccezionali possano trovare valorizzazione nella nostra ristorazione e nelle tavole dei gourmet.
Di erbe e di prodotti del bosco in Romagna ci si è sempre cibati. E dal bosco, dalle pinete, dai prati incolti queste piante sono state prese e allevate. Oggi le erbe selvatiche e aromatiche sono tornate di moda, dopo anni di oblio durante i decenni di sviluppo degli ultimi 60 anni. La valorizzazione delle biodiversità ha contribuito alla loro riscoperta, ma soprattutto vi ha contribuito l’analisi delle loro qualità gastronomiche, della loro concentrazione e della varietà di sapori e di aromi che le rendono centrali nella cucina d’autore di oggi e di domani. La riscoperta delle vecchie ricette e l’invenzione di nuovi piatti sono entrambi, oggi, obiettivi attuali e moderni.
«E’ maturo il tempo per fare ricerca, selezionare le piante per allevarle e creare così un circuito fra selezione clonale-produzione-mercati-consumo da affiancare a una raccolta del selvatico controllata e rispettosa dell’ambiente – spiega Franco Chiarini, produttore del video e co-auore dei testi, assieme a Riccardo Vecchi – E’ importante poter mettere a disposizione della ristorazione prodotti ad alta qualità gastronomica, in quantità sufficienti per una loro presenza “in carta” e per un periodo anch’esso sufficiente per affermare una rinnovata tradizione. L’asparagine di pineta e il carciofo “moretto” di Brisighella sono i prodotti simbolo di questa impresa, che abbinerà raccolta del selvatico a un allevamento “controllato”. Altrettanto importante, oltre ai prodotti eduli tradizionali, è riuscire ad estrarre sapori e profumi dalle tante essenze importanti del bosco e delle pinete, utilizzabili anche in cucina per piatti innovativi che parlino delle nostre terre, della nostra unica e inestimabile ricchezza ambientale. In fondo, le grandi realtà gastronomiche spagnole guidate da Ferran Adrià o le innovazioni danesi imposte da René Redzepi continuano a monitorare il proprio territorio, da cui estraggono vecchi e inediti sapori che fanno grandi e uniche le loro cucine.»