Libera come una donna, la strada del cambiamento


Per liberare le donne della violenza occorrono anche continue campagne di sensibilizzazione. Per questo motivo Magazine Pragma, come strumento di comunicazione, da tempo si impegna a promuovere diverse iniziative per dire “basta alla violenza sulle donne”.
Dossier, spot, incontri, interviste, una giusta e mirata informazione per combattere la violenza di genere ed aiutare le donne a liberarsi da un incubo.

Nel seguire il nostro obiettivo abbiamo avuto il piacere di incontrare e conoscere Barbara Cassioli e Valentina Costi, promotrici dell’iniziativa. “Libera come una donna”.

Barbara e Valentina, sono due operatrici sociali che dall’8 al 31 Marzo percorreranno a piedi la Via Francigena in abito da sposa; un viaggio, il loro, finalizzato alla sensibilizzazione sul tema della libertà delle donne. Ecco cosa ci hanno raccontato

Libera come una donna, la strada del cambiamento

Buongiorno ragazze! Iniziamo dalle presentazioni. Chi sono Babi e Vale?

Siamo due amiche, sorelle, operatrici sociali che si frequentano dai tempi dell’università. Condividiamo la stessa visione sulla maggior parte dei temi sociali, umani e politici. Abbiamo viaggiato tanto in solitaria in Italia e all’estero, ma abbiamo avuto anche la fortuna di scoprire luoghi del mondo insieme. Possiamo svelarvi di essere, l’una per l’altra, una delle rare persone con cui riusciamo a goderci un viaggio.

Barbara Cassioli e Valentina Costi

Come nasce il progetto “Libera come una donna”? Da un desiderio? Da un’esperienza?

Il progetto nasce da un incontro con una camminatrice in un magico luogo dell’appennino tosco emiliano nell’estate 2019. Ci riconosciamo donne con una storia diversa dal comune: abbiamo preso coraggiosamente in mano la nostra vita nonostante le pressioni sociali che volevano indirizzarci su una strada pre-impostata. Nasce così la voglia di andare oltre il cammino fisico.

L’idea di attribuire all’esperienza una valenza sociale femminile sorge dall’esperienza -condivisa- di militanza ed attenzione rispetto alla questione delle tematiche di genere. Avevamo voglia di contribuire ad un sempre più necessario cambiamento attraverso lo strumento del viaggio; preferibilmente lento, sostenibile da un punto di vista ambientale, nel territorio in cui siamo nate, in un momento storico difficile a livello socio-culturale.

Libera come una donna

Un cammino per raggiungere una condizione di equità

Perché proprio un cammino?

Il cammino, inteso come viaggio, per noi rappresenta uno strumento di evoluzione personale ed il modo in cui tante volte siamo riuscite a scrollarci di dosso crisi passeggere. Andando, incontrando, dando più spazio a noi stesse per ascoltarci.

Il cammino, inteso come spostamento basato solo sulla forza delle nostre gambe, rappresenta un simbolo del cambiamento culturale che la società deve fare, con tutti gli sforzi che ne conseguono come nel ‘pellegrinaggio’, per raggiungere una condizione di equità tra i generi e tra le varie manifestazioni delle diverse soggettività rappresentate nel pannello delle forme umane.

Un cammino, poi, permette di incontrare persone e realtà e di disegnare un filo conduttore tra tutto quello che si è presentato sul percorso. Questo aspetto è una parte fondamentale del nostro progetto: desideriamo rafforzare ed ampliare la rete già esistente di esperienze volte alla costruzione di una società basata su modelli femminili alternativi, positivi ed autodeterminati e su relazioni di genere equilibrate.

Vorremmo che “Libera come una donna” fosse come la convocazione di un Cerchio di donne e uomini che operino insieme per proteggersi a vicenda ed evolvere.

Da dove partirete? Quanti km contate di fare?

L’8 marzo partiremo da Lucca, città che ricorda il brutale femminicidio di Vanna Vannucchi nel 2016. Marciando per circa una ventina di km al giorno per un totale di circa 350 arriveremo a Roma il 29. Il 31 marzo, invece, ci sarà la celebrazione conclusiva del percorso presso “I Casali di Casacalda” a Torre Maura, nella capitale.

Tributo a Pippa Bacca

Perché in abito da sposa?

L’abito da sposa è un metaforico contenitore delle pressioni sociali e dei ruoli socialmente imposti alle donne. Lo status di “moglie” e “madre” sono ancora forti e condizionanti nell’Italia del 2020. Lo trasporteremo e lo scambieremo con le altre pellegrine che avranno voglia di raccontarsi e di raccontare come affrontano e superano le limitazioni alla propria libertà.

D’altro canto, questa scelta è un gesto tributo a Pippa Bacca, artista uccisa -in Turchia- durante la performance “Brides on Tour” durante la quale avrebbe dovuto raggiungere, in autostop, Gerusalemme in abito da sposa. Quello che accadde a Pippa nel 2008, accade una volta ogni tre giorni -secondo dati Istat- in Italia per mano -non di sconosciuti- ma di uomini noti: famigliari, compagni, mariti, ex fidanzati. La nostra decennale esperienza lavorativa come assistenti ed educatrici sociali, nonché la storia di diverse amiche, confermano questi drammatici dati.

Da un lato dunque, viviamo le pressioni verso un certo stile di vita (una relazione di coppia, eteronormata, monoculturale ed economicamente stabile, stanziale, dalla quale avere -possibilmente- dei figli) che dovrebbe “assicurare delle condizioni di vita adeguate”, dall’altro -invece- osserviamo che, la maggior parte delle violenze si consuma proprio all’interno delle mura domestiche. Le stesse mura all’interno delle quali veniamo spinte a vivere e dentro le quali spesso “devono” poi restare il malessere ed i soprusi.
Senza dimenticare i matrimoni combinati e precoci che tutt’ora avvengono in Italia, all’interno di alcune organizzazioni malavitose o ai danni di figli e figlie di famiglie di origine straniera.

Cosa significa tutto ciò? Tutto questo e i quotidiani episodi di violenza ai danni delle donne, ci impongono un’urgente riflessione sulle relazioni tra i generi e sull’educazione che forniamo alle future generazioni, sugli stereotipi ed i ruoli che uomini e donne subiscono.
Tutto questo ci impone di assumere consapevolezza sulla cultura patriarcale che sfocia nel femminicidio e che, prima, permea ogni aspetto della nostra vita: il lavoro, la maternità, la libertà di movimento, il diritto alla salute ginecologica, la cultura trasmessa dai mass media e nelle scuole.

Abbiamo scelto di trasportare un abito da sposa perché è un’immagine forte, evocativa, provocatoria.

Se ognuna di noi si unisse a voi, almeno in un breve tratto del vostro cammino, il vostro progetto potrebbe trasformarsi in un vero e proprio movimento. Ci avete pensato a questa eventualità?

Fin da subito abbiamo desiderato che questo viaggio fosse collettivo. Chiunque abbia voglia di confrontarsi sulle tematiche protagoniste del cammino è ben accett*, anche solo per una tappa: Uomini, donne, persone che non si riconoscono in nessuno due generi. Tutt* sono benvenut*.

La riflessione deve essere il più possibile frutto di eterogeneità e molteplicità. L’obiettivo è di aprire il dialogo su questo argomento e portarlo all’attenzione di istituzioni e società civile in più luoghi e contesti possibili.

Ben venga il movimento: è ciò di cui abbiamo bisogno adesso ma che sia un agire, prima di tutto, interiore, personale, che si trasformi in azioni concrete e quotidiane. Ci auguriamo che queste nuove energie possano confluire in movimenti locali già esistenti come le associazioni di donne, i centri antiviolenza o come un movimento di più larga scala quale “Non una di Meno”.

Immagino che il progetto poi avrà un seguito. Chi saranno Babi e Vale dopo il cammino?

Raccoglieremo storie di vita e scatteremo delle fotografie con cui verrà allestita una mostra itinerante che sarà la continuazione di questo percorso. Andremo nelle scuole, nelle piazze, nelle istituzioni per raccontare il viaggio, sollecitare riflessioni e promuovere azioni di cambiamento. Abbiamo alcune idee in pentola… e, come in ogni viaggio, si sa come si parte, ma non come si arriva.
Noi siamo pronte al meglio!

E’ possibile seguire il cammino di Babi e Vale ed il progetto Libera come una donna attraverso il blog Libera come una donna, nonchè attraverso la pagina Facebook Libera come una donna 

 

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