A Napoli, il 26 dicembre è sinonimo di una tradizione culinaria che resiste al tempo: ‘a menesta ammaritata. Questo piatto, ricco di sapori e storia, è un elemento immancabile sulle tavole partenopee durante le festività natalizie. Con i suoi ingredienti principali, come cicoria, scarulelle, broccolo di San Giovanni, verza e carni assortite, la minestra maritata è molto più di una semplice ricetta: è un viaggio nel passato.
Menesta ammaritata, origini antichissime
La minestra maritata vanta una storia che affonda le sue radici nell’antichità. Le prime testimonianze di una preparazione simile risalgono all’epoca romana. Nel celebre libro di cucina De Re Coquinaria di Apicio, si trova la descrizione di una pietanza che ricorda per composizione e sapore l’attuale minestra maritata.
Con il passare dei secoli, la ricetta ha subito variazioni significative, perdendo alcuni ingredienti originali, come gli scagliuozzi, frittelle di farina di mais che venivano un tempo adagiate sul fondo del piatto. Questi cambiamenti, tuttavia, non hanno intaccato l’essenza del piatto, che continua a rappresentare un simbolo della convivialità natalizia.
Influenze spagnole
Un altro capitolo importante nella storia della minestra maritata si lega alla dominazione spagnola del Regno di Napoli nel XIII secolo. Gli spagnoli introdussero la olla podrida, una zuppa ricca di carne e verdure che, mescolandosi con le tradizioni locali, diede origine alla versione napoletana. Questo incontro culturale è un esempio di come il cibo possa raccontare l’evoluzione storica di un territorio.
Perché “maritata”?
Il termine “maritata” non è casuale. Indica il perfetto matrimonio tra due elementi distinti, carne e verdure, che si fondono armoniosamente nel piatto. Questa metafora culinaria riflette la capacità della cucina napoletana di creare combinazioni semplici ma impeccabili, capaci di esaltare i sapori degli ingredienti e di raccontare una storia.
Un piatto di festa
La minestra maritata è diventata un simbolo delle festività natalizie a Napoli, un piatto che riunisce famiglie e celebra il legame tra passato e presente. Prepararla non è solo un’arte culinaria, ma anche un rito che onora tradizioni tramandate di generazione in generazione.
Così, il 26 dicembre, i napoletani celebrano non solo Santo Stefano, ma anche una cucina che è specchio della loro cultura e della loro identità. Con una ciotola di menesta ammaritata si tiene viva la storia e si rinnova ogni anno il legame con le proprie radici.