Liberare, rigenerare e ricostruire il significato autentico delle parole, attraverso le grandi figure della storia, dall’antichità alla contemporaneità.La manomissione delle parole di e con Gianrico Carofiglio da giovedì 10 maggio 2018 e fino a domenica 13 al Teatro Nuovo di Napoli .
“Decostruzione” e “ricostruzione” semantica delle parole, è questo l’obiettivo che si pone lo scrittore e magistrato pugliese Gianrico Carofiglio, protagonista dello spettacolo La manomissione delle parole, titolo omonimo di un suo libro del 2010, diretto da Teresa Ludovico, che sarà in scena, giovedì 10 maggio 2018 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 13) al Teatro Nuovo di Napoli. Presentato da Teatro Kismet OperA, l’allestimento, il cui debutto è preceduto da un incontro con il pubblico, sempre giovedì alle 18.30 al Teatro Nuovo e moderato dal Presidente Fondazione Premio Napoli Domenico Ciruzzi, vede l’autore costruire un’indagine letteraria, politica e giudiziaria, a partire da alcune citazioni di personaggi storici: da Aristotele a Cicerone, da Dante a Primo Levi, da Calvino a Nadine Gordimer, da Obama a Bob Dylan.
La manomissione delle parole
è una riflessione sull’uso dei termini, sulla loro funzione, sul valore che essi hanno nella costruzione delle storie di ciascuno di noi, tanto da essere pilastri della nostra vita etica e civile.
Fondamenta che sempre più spesso vengono logorate dall’abuso e dalla manipolazione dei significati. Come si fa a ridar loro la dignità che meritano?
Per Carofiglio l’unico metodo è manometterli, cioè smontarli e rimontarli nel loro verso originario. L’autore costruisce un’indagine letteraria politica e giudiziaria a partire da alcune citazioni di personaggi diversissimi tra loro, da Aristotele a Cicerone, da Dante a Primo Levi, da Calvino a Nadine Gordimer, da Obama a Bob Dylan.
L’importanza delle parole, delle parole al potere, è al centro del testo di Carofiglio che ci ricorda che dire è fare.
Una performance che mette in gioco l’abilità oratoria di Gianrico Carofiglio in costante dialogo con la versatilità espressiva del fagotto, considerato lo strumento più vicino alla voce umana.
L’autore–interprete intercetta brani tratti dal libro a improvvisazioni tematiche in una partitura fluida e lieve, tesa a coinvolgere gli spettatori. La luce disegna uno spazio scenico in costante relazione con la drammaturgia.
Partendo da documenti reali, redatti da avvocati e forze dell’ordine, e traendo spunto da testi di autori molto differenti tra loro, Carofiglio invita a riflettere sull’utilizzo dei termini, spesso privi della loro intima sostanza perché logorati dal “politichese”, dal linguaggio giornalistico e da ogni forma di espressione che procede per luoghi comuni e frasi fatte, con l’intervento dal vivo del suggestivo fagotto del maestro Michele Di Lallo.
Le parole possono divenire minime dosi di arsenico, dall’effetto lento, ma inesorabilmente tossico. Questo è il pericolo delle lingue del potere e dell’oppressione, e soprattutto del nostro uso e riuso, inconsapevole e passivo.
Per questo è necessaria la cura, l’attenzione, la perizia da disciplinati artigiani della parola, non solo nell’esercizio attivo della lingua, quando parliamo e scriviamo, ma ancor più in quello passivo: quando ascoltiamo e quando leggiamo.
La manomissione delle parole
è un invito a riappropriarci del valore vero delle parole, ripulendole dalle venature che il potere ha “attaccato” su di esse e restituendo loro le proprietà originarie, in modo che possano essere di nuovo i pilastri della nostra vita etica e civile, e possano nuovamente appartenere a ognuno di noi, per raccontare le nostre storie.